CON TUTTA L’UMILTÀ’ DI CUI SONO CAPACE

Con tutta l’umiltà di cui sono capace
Nel febbraio del 1936 a Bombay, in India, i membri di un’associazione religiosa di grande reputazione, la Gaudlya Matha, furono stupiti dalle potenti ed eloquenti parole che un giovane membro pronunciò in onore del suo maestro spirituale, Svila Bhaktisiddhànta Sarasvatl GosvàmI.
Tre decadi dopo, il giovane oratore diventerà il fondatore riconosciuto a livello mondiale del Movimento per la Coscienza di Krsna. La presentazione di Svila Prabhupàda è una memorabile affermazione dell’importanza del guru nella vita spirituale.
sàksàd-dharitvena samasta-sàstrair
uktas tathà bhàvyata eva sadbhih
kintu prabhor yak priya eva tasya
vande guroh srl-caranàravindam
“Il maestro spirituale dev’essere onorato come il Signore Supremo, perché Ne è il servitore più intimo; ciò è confermato in tutte le Scritture ed è riconosciuto da tutte le autorità in materia spirituale. Offriamo il nostro rispettoso omaggio ai piedi di loto del nostro maestro spirituale.” (Gurv-astaka, VII)
Signori, a nome dei componenti della Gaudlya Matha di Bombay vi ringrazio per esservi gentilmente uniti a noi, questa sera, al fine di offrire un omaggio collettivo ai piedi di loto di Àcàryadeva, il maestro spirituale del mondo intero, fondatore di questa missione Gaudlya e àcàrya-presidente della Srl Srl Visva-vaisnava Ràjasabhà — mi riferisco al mio eterno e divino maestro, Paramahamsa Parivràjakàcàrya Sri Srimad Bhaktisiddhànta Sarasvati GosvàmI Maharaja.
Sono già trascorsi sessantadue anni dal santo giorno in cui Àcàryadeva, rispondendo all’appello di Thàkura Bhaktivinoda, apparve in questo mondo, a Sri-ksetra di Jagannàtha-dhàma, a Puri.
Signori, la celebrazione che abbiamo organizzato questa sera per rendere omaggio ad Àcàryadeva non riveste un carattere settario perché il titolo di gurudeva o di àcàryadeva corrisponde a un principio fondamentale di applicazione universale. Non si tratta di fare una distinzione tra il mio guru e il vostro perché c’è un solo guru, che si manifesta in una infinità di forme per istruire ciascuno di noi.
CON TUTTA L’UMILTÀ’ DI CUI SONO CAPACE
Come insegnano le Scritture, il guru, o àcàryadeva, trasmette il messaggio del mondo spirituale, dimora dell’Essere Assoluto, dove tutto contribuisce in un’armonia perfetta al servizio della Verità Assoluta. Quante volte abbiamo sentito, mahàjano yena gatah sa panthàh (“Si deve seguire la via tracciata dall’àcàrya precedente.”), ma abbiamo veramente cercato di cogliere il significato reale di questo sloka?
Uno studio molto attento di questo verso ci permette di comprendere l’unicità che caratterizza sia il concetto di mahàjana sia la via che conduce al mondo spirituale. La Mundaka Upanisad (1.2.12.) afferma:
tad-vijnànàrtham sa gurum evàbhigacchet
samit-pànih srotriyam brahma-nistham
“Chi vuole conoscere la scienza dell’Assoluto deve avvicinare un maestro spirituale autentico che appartenga alla successione dei maestri spirituali e che abbia perfettamente realizzato la Verità Assoluta.“
Come c’insegna questo verso, è necessario avvicinare un guru per acquisire la conoscenza spirituale. Di conseguenza, se la Verità Assoluta è Una — principio che tutti riconosceranno sicuramente — non può esserci che un solo guru.
Uacaryadeva in onore del quale ci siamo riuniti questa sera per offrirgli il nostro umile omaggio non è il guru di un’istituzione settaria né uno degli innumerevoli profeti della Verità, tutti differenti l’uno dall’altro. Egli rappresenta invece il jagad-guru, il guru dal quale tutti noi dipendiamo; ma alcuni si sono volontariamente sottomessi, mentre altri lo servono solo indirettamente.
Il Signore dice nello Snmad-Bhagavatam (11.17.27):
àcàryam màm vijaniyan mvamanyeta karhicit
na martya-buddhyàsùyeta sarva-devamayo guruh
“Si deve vedere il maestro spirituale come non differente da Me. Nessuno dev’essere invidioso di lui o considerarlo un uomo comune, perché egli è il rappresentante di tutti gli esseri celesti.” Ciò significa che Yàcàrya non è differente da Dio stesso. Le cose di questo mondo non lo interessano minimamente; egli non discende tra noi con l’intenzione di lasciarsi coinvolgere nei problemi relativi ai bisogni temporanei, ma piuttosto per salvare le anime cadute e condizionate, definite così perché vengono nel mondo materiale al solo scopo di goderne mediante i cinque sensi e la mente.
L’àcàrya, dunque, viene a illuminarci con la fiaccola dei Veda e a benedirci con una libertà perfetta sotto tutti i punti di vista, libertà a cui dovremmo ardentemente aspirare durante tutta la nostra vita.
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La conoscenza trascendentale dei Veda fu enunciata in origine da Dio stesso a Brahmà, il creatore del nostro universo, poi fu trasmessa successivamente da Brahmà a Nàrada, da Nàrada a Vyasadeva, poi a Madhva, finché giunse, attraverso questa successione di maestri spirituali, a Gaurànga, Sri Caitanya, il Signore in persona.
Sri Caitanya interpretò il ruolo di discepolo e successore di Sri Isvara Puri e fu l’apostolo di questa tradizione spirituale nella sua forma più completa. Così l’attuale àcdryadeva è il decimo anello di una successione spirituale che risale a Sri Rupa Gosvàmx, primo rappresentante di Srl Caitanya.
La conoscenza che riceviamo dal nostro gurudeva non è differente da quella che fu insegnata in origine da Dio stesso, e poi da tutti gli àcàrya che succedettero a Brahmà, primo maestro di questa discendenza. Noi veneriamo questo santo giorno col nome di Sri Vyàsa-pujà-tithi, in onore dell’àcàrya che, attualmente, rappresenta Vyàsadeva, il divino autore dei Veda, dei Paratia, della Bhagavad-gìtà, del Mahàbhàrata e dello Srimad Bhàgavatam.
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La persona che interpreta il messaggio divino, o sabda- brahma, attraverso la percezione dei suoi sensi imperfetti, non può essere un vero maestro spirituale, perché senza ricevere una formazione appropriata, senza sottomettersi a una disciplina sotto la direzione di un àcàrya autentico, l’intermediario deformerà sicuramente l’insegnamento di Vyàsadeva (come fanno i màyàvàdì).
Srila Vyàsadeva è la prima autorità in materia di rivelazione vedica, perciò non si può riconoscere come guru o àcàrya un interprete poco integro, per quante capacità egli possa aver acquisito grazie alla conoscenza materiale. Il Padma Puràna precisa a questo proposito:
sampradàya-vihìna ye
mantràs te nisphalà matah
“Se non si è ricevuta l’iniziazione spirituale da un maestro autentico, che appartenga a una successione di maestri spirituali, nessun inantra avrà effetto.” D’altra parte, chi riceve la conoscenza spirituale direttamente da un maestro autentico che appartiene alla successione di maestri spirituali, e mostra un sincero e profondo rispetto verso tale àcàrya, sarà sicuramente illuminato dalla conoscenza rivelata nei Veda. Questa conoscenza rimane invece inaccessibile per sempre ai filosofi empirici.
La Svetàsvatara Upanisad (6.23) lo spiega bene:
yasya deve para bhaktir yathà deve tathà gurau
tasyaite kathità hy arthah prakàsante mahàtmanah
“Il significato e la portata della conoscenza vedica si rivelano subito, e in tutta la loro pienezza, solo alle grandi anime che hanno una fede incrollabile in Dio e nel maestro spirituale.“
Signori, la nostra conoscenza è così povera, i nostri sensi così imperfetti e le nostre fonti così limitate, che ci è impossibile acquisire anche la minima conoscenza nel campo dell’Assoluto senza abbandonarci ai piedi di loto di Srl Vyàsadeva o del suo rappresentante autentico. Ad ogni istante la nostra percezione diretta ci induce in errore, perché si tratta solo di creazioni nate dalla mente, che è ingannatrice e instabile per natura.
CON TUTTA L’UMILTÀ’ DI CUI SONO CAPACE
Noi non possiamo conoscere niente della Trascendenza col metodo limitato e imperfetto dell’osservazione e della sperimentazione. Ciò nonostante, a tutti è data l’opportunità di ascoltare con attenzione il messaggio spirituale che ci giunge dal mondo spirituale attraverso l’intermediario trasparente di SrlGurudeva o di Sri Vyàsadeva. Ecco perché, signori, dovremmo oggi stesso abbandonarci ai piedi di loto del puro rappresentante di Vyàsadeva e così porre fine a tutte le divergenze dovute alla nostra mancanza di sottomissione.
A questo proposito la GM (4.34) precisa:
tad viddhi pranipàtena
paripratena sevaya
upadeksyanti te jnànam
jmninas tattva-darsinah
“Cerca di conoscere la verità avvicinando un maestro spirituale, ponigli delle domande con sottomissione e servilo. L’anima realizzata può rivelarti la conoscenza perché ha visto la verità.“
Noi possiamo acquisire la conoscenza perfetta solo abbandonandoci totalmente al vero acàrya, dando prova di grande zelo nel servirlo e nel rivolgergli domande pertinenti. Servire l’Assoluto sotto la tutela dell’àcàrya è l’unico modo per assimilare la conoscenza spirituale.
Riunendoci oggi per offrire umilmente il nostro servizio e il nostro omaggio ai piedi di loto di Àcàryadeva invocheremo su di noi le sue benedizioni, e queste ci daranno la capacità di assimilare la conoscenza assoluta che egli, nella sua immensa bontà, trasmette a tutti senza distinzione.
Signori, siamo tutti più o meno orgogliosi dell’antica civiltà indiana, ma ignoriamo qual era il suo carattere specifico. Certamente non possono essere le norme materiali di questa cultura che suscitano in noi tale orgoglio dato che in questo campo abbiamo fatto da allora progressi considerevoli. Eppure stiamo attraversando un’epoca chiamata comunemente Kali- yuga, o “età delle tenebre”. A quali tenebre si allude dunque?
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Certamente non alla mancanza di conoscenza materiale, perché ora ne abbiamo più che nel passato. Se non noi, i nostri vicini sono ben muniti a questo riguardo. Ne deduciamo dunque che le tenebre che oscurano i nostri tempi sono dovute non all’assenza di progresso materiale, bensì al fatto che abbiamo perduto la chiave del nostro progresso spirituale: questa è la necessità primaria della vita umana e il fattore che caratterizza una civiltà veramente avanzata.
I nostri bombardamenti aerei non sono la prova della nostra superiorità sulle tribù non civilizzate, che dall’alto delle colline fanno cadere blocchi di pietra sui loro nemici, e il fatto di aver perfezionato l’arte di uccidere i nostri vicini con mitragliatrici e gas asfissianti, non costituisce affatto un progresso, rispetto ai primitivi che erano orgogliosi della loro abilità di uccidere con archi e frecce.
Quanto alla ricerca di una sensazione di benessere egoistico, essa deriva in realtà da un animalismo intellettualizzato. Comunque sia, il concetto di vera civiltà si fonda su criteri di tutt’altra natura, e la Katha Upanisad (1.3.14) lancia a questo riguardo un solenne appello:
uttisthata jàgrata
prdpya varàn nibodhata
ksurasya dhard nisità duratyaya
durgam pathas tat kovayo vadanti
“Svegliatevi! Cercate di rendervi conto del privilegio che vi offre la vostra condizione umana. Il sentiero che conduce alla realizzazione spirituale è molto difficile, stretto e tagliente come la lama di un rasoio. Questo è il pensiero dei saggi spiritualisti.”
Così, molto tempo fa, mentre le altre civiltà dormivano ancora nella notte dei tempi, i saggi dell’India avevano edificato una cultura differente da quella che conosciamo oggi e che permetteva all’uomo di realizzare la sua vera identità. Essi avevano scoperto che l’uomo non è un essere materiale, ma è il servitore eterno dell’Assoluto, e che possiede quindi una natura spirituale ed eterna.
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Scegliendo di identificarci sotto ogni aspetto con questa esistenza materiale, abbiamo commesso un deplorevole errore di giudizio e abbiamo moltiplicato così le nostre sofferenze in questo mondo secondo la legge implacabile del ciclo di nascite e morti, con le malattie e le ansietà che ne derivano.
Poiché la materia e lo spirito non hanno niente in comune, nessuna felicità materiale può veramente compensare queste sofferenze. Per esempio, un pesce fuori dall’acqua continuerebbe a soffrire e morirebbe, anche se gli offriste condizioni di vita paradisiaca adatte agli animali terrestri. Sarebbe necessario, invece, sottrarlo all’atmosfera terrestre, che gli è estranea. Lo spirito e la materia sono diametralmente opposti per natura.
Poiché tutti noi siamo esseri spirituali, non possiamo conoscere quaggiù la felicità perfetta a cui abbiamo diritto, e ciò, nonostante tutti i nostri sforzi e le nostre qualità materiali. Potremo godere di questa felicità solo quando avremo ritrovato la nostra condizione spirituale originale.
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Questo è il messaggio specifico che ci ha lasciato l’antica civiltà indiana, il messaggio che è proclamato anche nella Gita, nei Veda e nei Puràna, e che è stato trasmesso da tutti gli àcàrya autentici nella successione di Sri Caitanya, tra i quali Yàcàryadeva attuale.
Signori, sebbene abbiamo potuto cogliere solo in modo imperfetto, e unicamente per la sua grazia, i sublimi insegnamenti del nostro àcàryadeva, Olii Visnupàda Paramahamsa Parivràjakàcàrya Sri Srimad Bhaktisiddhànta Sarasvati GosvàmI Maharaja, abbiamo sicuramente realizzato che il messaggio divino che esce dalle sue sante labbra ha il potere di salvare l’umanità sofferente.
Riceviamo tutti, con pazienza, questo messaggio; ascoltiamo queste parole trascendentali senza contestazioni inutili; allora àcaryadeva ci accorderà la sua grazia senza il minimo dubbio. Lo scopo del messaggio deìl’àcàrya è farci tornare alla nostra dimora originale, il regno di Dio.
Perciò, ripeto, è necessario ascoltarlo pazientemente, camminare sulle sue orme nella misura della nostra convinzione e prosternarci ai suoi piedi di loto; solo allora perderemo il nostro atteggiamento ribelle e ingiustificato e potremo servire l’Assoluto e tutte le anime.
La Gita c’insegna che l’anima, Yàtmà, rimane intatta anche dopo che il corpo è distrutto; l’anima è immutabile e sempre giovane; il fuoco non può bruciarla né l’acqua bagnarla, il vento non può seccarla né la spada tagliarla; essa è immortale ed eterna. Ciò è confermato anche nello Snmad-Bhagavatam (10.84.13):
yasyàtma-buddhih kunape tri-dhàtuke
sva-dhih kalatradisu bhauma ijya-dhih
yat-tìrtha-baddhih salile na karhicij
janesv abhijnesu sa eva go-kharah
“L’uomo che crede di essere i tre elementi del suo involucro materiale (il muco, la bile e l’aria), che si compiace delle relazioni intime che lo uniscono alla moglie e ai figli, che fa della sua terra natale un oggetto di culto, e che si reca nei luoghi santi solo per fare un bagno invece di cercare d’incontrare coloro che possiedono la vera conoscenza, certamente non è meglio di un asino o di una mucca.“
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Purtroppo, nell’epoca attuale siamo tutti privi di buon senso, perciò trascuriamo il nostro vero benessere e identifichiamo questa gabbia materiale col nostro vero sé. Abbiamo concentrato tutta la nostra energia nel mantenimento di questa gabbia, trascurando completamente l’anima tenuta prigioniera all’interno.
La gabbia serve a tenere prigioniero l’uccello, ma il compito dell’uccello non è quello di prendersi cura della gabbia. Meditiamo dunque seriamente su questa immagine. Attualmente tutti i nostri sforzi tendono verso il benessere dell’involucro corporeo, e tutt’al più cerchiamo di offrire alla mente un po’ di cibo sotto forma di arte e di letteratura; ma dobbiamo sapere che anche la mente è un elemento materiale, sebbene di natura più sottile del corpo fisico. Infatti, la Bhagavad- gltà (7.4) insegna:
bhumir dpo ‘nalo vayuh
kham mano buddhir eva ca
ahankara itiyam me
bhinnà prakrtir astadhà
“Terra, acqua, fuoco, aria, etere, mente, intelligenza e falso ego, questi otto elementi, distinti da Me, costituiscono la Mia energia materiale.”
A stento abbiamo cercato di nutrire l’anima, che è distinta dal corpo e dalla mente, e in questo modo stiamo commettendo un vero e proprio suicidio; l’àcàryadeva, col suo messaggio, ci mette in guardia contro queste attività mal fondate. Offriamogli dunque il nostro omaggio, prosternati ai suoi piedi di loto, per la misericordia e la bontà che ci ha manifestato.
Signori, non pensate neppure per un attimo che il mio gurudeva voglia dare un colpo di freno decisivo alla civiltà moderna — ambizione che, del resto, sarebbe utopistica.
Al contrario, apprendiamo da lui l’arte di fare buon viso a cattivo gioco e cogliamo l’importanza di questa condizione umana che ci permette di accedere alla più alta purezza della coscienza. Questa forma di vita è rara, e non si dovrebbe trascurare di trarre vantaggio dai benefici unici che essa ci offre. Lo Srlmad- Bhdgavatam (11.9.29) insegna:
labdhvà sudurlabham idam behu-sambhavànte
mnusyam arthadam anityam apiha dhìrah
turnam yateta na pated anumrtyu yavan
nihsreyasàya visayah khalu sarvatah syàt
“La forma umana si ottiene solo dopo numerosissime nascite in questo mondo e, benché temporanea, offre i benefici più grandi. Così l’uomo intelligente e sobrio dovrebbe impegnarsi a portare subito a compimento la sua missione, e a trarre vantaggio da questa vita prima che sopraggiunga di nuovo la morte. Non deve certamente abbandonarsi al piacere dei sensi, accessibile a chiunque e ovunque.“
Non sprechiamo questa opportunità cercando invano il godimento materiale o, in altre parole, preoccupandoci solo di mangiare, dormire, godere dei piaceri sessuali e proteggerci da ciò che ci minaccia. Il messaggio de\Y dedry adeva è interamente contenuto nei versi seguenti, tratti dal Bhakti-rasamrta-sindhu (1.2.255-256) di Srila Rupa GosvàmI:
andsaktasya visayan
yatharbam upuyunjatah
nirbandhah krsna-sambandhe
yuktam vairdgyam ucyate
prapancikataya buddhyà
hari-sambandhi-vastunah
mamaksubhih parityàgo
vairdgyam phalgu kathyate
“Colui che vive secondo i precetti della coscienza di Krsna è veramente situato nell’ordine di rinuncia. Non dovrebbe avere alcun attaccamento per il piacere dei sensi e dovrebbe accettare solo lo stretto necessario per mantenere il corpo in buona salute. Invece, la rinuncia di colui che rifiuta le cose che potrebbe usare al servizio di Krsna, col pretesto che sono materiali, sarà sempre una rinuncia incompleta.“
Il significato e l’importanza di questi due sloka possono essere realizzati solo col completo sviluppo della parte razionale del nostro essere, e non con la nostra natura animale. Riuniti ai piedi di loto dell’dcdryadeva, sforziamoci di capire bene la conoscenza assoluta che raccogliamo da questa fonte pura: “Chi siamo? Che cos’è l’universo? Chi è Dio e quale relazione ci unisce a Lui?”
Il messaggio di Sri Caitanya, parole di vita, si rivolge agli esseri che vivono nel pieno significato del termine. Il Signore non Si è preoccupato dell’elevazione di un mondo inerte che a ragion veduta porta il nome di Martyaloka, il regno della morte sovrana. Egli apparve ai nostri occhi quattrocentocinquant’anni fa per istruirci sul mondo spirituale, dove tutto esiste eternamente per il servizio dell’Assoluto.
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Recentemente, a causa di individui senza scrupoli, che dicono di rappresentare Sri Caitanya, l’insegnamento del Signore è stato oggetto d’interpretazioni errate e considerato simile al culto proprio degli strati inferiori della società. Questa sera abbiamo il piacere di proclamare che il nostro àcàryadeva, con la sua ben nota misericordia, ci ha permesso di evitare questa indegna degradazione. Ci prosterniamo dunque in tutta umiltà ai suoi piedi di loto.
Signori, l’uomo d’oggi che si vanta di esser colto, ha manifestato una forte tendenza a riconoscere Dio, la Persona Suprema, solo come una realtà impersonale, e Lo ha insultato affermando che Egli non possiede né sensi, né forma, né testa, né gambe, non agisce né prova alcuna gioia. Questa concezione riceve anche l’approvazione di quegli eruditi moderni che non hanno mai avvicinato alcun maestro qualificato, e non si sono mai dedicati sinceramente all’analisi del loro sé spirituale.
Questi filosofi empirici fanno tutti lo stesso ragionamento: l’uomo — o meglio, una certa classe della società — potrebbe legittimamente, secondo loro, accaparrarsi tutte le ricchezze di questo mondo per il proprio godimento personale, e Dio, concetto impersonale, esisterebbe solo per soddisfare il capriccio dei loro desideri.
Noi abbiamo avuto la grande fortuna di sfuggire a questo terribile male per la misericordia di Sua Divina Grazia Paramahamsa Parivàjakàcàrya Bhaktisiddhànta SarasvatI GosvàmI Maharaja. Egli ci ha ridato la vista; egli sarà eternamente nostro padre, il nostro precettore e la nostra guida. In questo santo giorno offriamogli il nostro omaggio, prosternati ai suoi piedi di loto.
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Signori, nonostante la nostra ingenua ignoranza nel campo della Trascendenza, Sua Divina Grazia, il nostro gurudeva, ha fatto scaturire in noi un fuoco nascente capace di dissipare le tenebre impenetrabili della ricerca empirica. Prendendo rifugio per l’eternità ai suoi piedi di loto, godiamo ora di un asilo sicuro, al punto che nessuna filosofia empirica, con i suoi argomenti, potrebbe farcelo lasciare anche per un solo istante.
Inoltre, siamo pronti a sfidare i più grandi eruditi della scuola Màyàvàda per dimostrare loro che Dio, la Persona Suprema, e i Suoi divertimenti trascendentali a Goloka, rappresentano il summum bonum della rivelazione vedica. La Chàndogya Upanisad (8.13.1) precisa:
syàmàc chevalam prapadye
savalac chyàmam prapadye
‘Per attrarre la misericordia di Krsna mi abbandono alla Sua energia, Ràdhà, e per ottenere la misericordia della Sua energia mi abbandono a Krsna.” Inoltre si legge nel Rg-veda (1.22.20):
tad visnoh paramani padani sadà
pasyanti sUrayah divwa caksur àtatam
visnor yat paramam padam
“I piedi di loto di Visnu sono, agli occhi degli esseri celesti, il fine supremo. Infatti, essi emanano tanta luce quanto il sole, che riempie tutto il cielo con i suoi raggi.“
I più eminenti eruditi della scuola empirica non possono cogliere e neppure intravedere questa verità così evidente, che la Gita, il cuore stesso della saggezza vedica, ha spiegato in modo molto espressivo. Questo è il significato profondo e segreto dello Srl Vyàsa-pujà.
Durante le nostre meditazioni sui divertimenti trascendentali dell’Essere Divino, sentirci i Suoi servitori eterni c’illumina di orgoglio; allora una viva gioia ci pervade e ci porta a danzare di felicità. Gloria al mio divino maestro: il flusso incessante della sua misericordia ha rianimato questa energia che vive adesso in noi per l’eternità. Offriamo dunque il nostro omaggio ai suoi piedi di loto.
Signori, se egli non fosse venuto a liberarci dalla schiavitù dovuta all’illusione che pesa in modo grossolano su tutti gli esseri di questo mondo, saremmo indubbiamente rimasti, vita dopo vita, nelle tenebre di una prigionìa irrimediabile. Senza di lui non saremmo neppure stati capaci di cogliere l’eterna verità dei sublimi insegnamenti di Srl Caitanya. E senza di lui non avremmo certamente mai potuto comprendere il significato del primo sloka della Brahma-samhità (5.1):
isvarah paramah krsnah
sac-cid-ànanda-vigrahah
anàdir adir govindah
sarva-kàrana-kàranam
“Krsna, chiamato anche Govinda, è Dio, la Persona Suprema. Egli ha un corpo spirituale, fatto di eternità, di conoscenza e di felicità perfette. Origine di tutti gli esseri, Lui stesso non ha origine. E la causa prima di tutte le cause.“
Da parte mia, non intravedo alcuna speranza di servire personalmente il Signore per i milioni di vite che durerà il mio soggiorno in questo mondo, ma ho fiducia che un giorno o l’altro verrò sottratto a questo fangoso oceano d’illusioni, nelle cui profondità sono oggi caduto. Animato da un profondo fervore, mi avvicino dunque ai piedi di loto del mio maestro spirituale con questa preghiera:
“Lasciami soffrire le conseguenze delle mie colpe precedenti, ma permettimi di poter sempre ricordare che non sono nient’altro che un servitore insignificante del Signore onnipotente e assoluto, e che questa realizzazione è dovuta solo alla tua misericordia inesauribile, o mio divino maestro.” Mi prosterno quindi ai suoi piedi di loto con tutta l’umiltà di cui sono capace.
Con tutta l’umiltà di cui sono capace
“