Dieta Senza Karma

Dieta Senza Karma

Abbiamo sentito spesso parlare di diete senza grassi, senza sale, senza lattosio, senza glutine e senza colesterolo, ma non di dieta senza karma. Di che cosa si tratta? L’articolo risponde ad alcune delle domande più frequenti sull’argomento spiegando in che modo il semplice atto di mangiare può condurre alla liberazione.

Il termine sanscrito karma significa “azione” e si riferisce in modo specifico a qualunque attività preveda una reazione che vincola al mondo materiale. Una dieta senza karma non produce alcuna reazione perché è libera dal peccato.

Domanda: Pensa davvero che si possa peccare mangiando?

Risposta: Sì, certamente. Peccare significa violare le leggi della natura, che sono stabilite da Dio. La mucca mangia l’erba e il foraggio, la tigre si nutre di carne, la pianta sopravvive grazie all’acqua e ai minerali presenti nella terra. Tutte le specie inferiori di vita non commettono alcun peccato perché seguono istintivamente le leggi della natura.

La forma umana implica invece una responsabilità, in quanto l’uomo, al contrario delle specie inferiori, è dotato della capacità di ragionare e operare scelte consapevoli. Se fa una scelta trasgressiva dovrà subirne le conseguenze: pressione alta, colesterolo alto, obesità, diabete, patologie tumorali e cardiovascolari, disturbi psico-emotivi e via dicendo. Ma non solo, dovrà anche subire le conseguenze nefaste dello sfruttamento e dell’uccisione di milioni di animali innocenti.

Secondo le leggi naturali un essere umano deve nutrirsi di verdura, frutta, cereali, legumi, latte e latticini (sempre nel rispetto della vita e del benessere della mucca), non di carne, pesce o uova.

Domanda: Allora i vegetariani non peccano quando mangiano?

Risposta: Il vegetarianesimo in sé non libera dal peccato, perché tutti gli esseri viventi sono anime. In altre parole, si uccide anche raccogliendo un cavolfiore, e sebbene nella scala evolutiva gli animali occupino una posizione più elevata rispetto alle piante, uccidere è pur sempre uccidere ed è peccato.

Domanda: Molti dubitano del fatto che gli animali e le piante abbiano un’anima.

Risposta: Questa è ignoranza. Qual è il sintomo della presenza dell’anima?

Domanda: Sintomo?

Risposta: Sì. Non possiamo vedere l’anima perché è una particella infinitesimale di spirito, ma possiamo constatarne la presenza dal suo sintomo, la coscienza. Gli animali, come noi, hanno fame e provano affetto, paura e dolore.

È stato dimostrato scientificamente che anche le piante sono coscienti; reagiscono alla luce del sole, al calore e alla musica, e crescono raggirando gli ostacoli che si frappongono sul loro percorso. L’anima esiste dunque negli uomini, negli animali e nelle piante, ma la sua presenza è più o meno coperta da vari gradi d’ignoranza.

Domanda: Il vegetariano che uccide le piante e il carnivoro che uccide gli animali sono quindi entrambi peccatori, giusto?

Risposta: Giusto, ma diversamente dal carnivoro, il vegetariano può fare progressi nella spiritualità e nell’autorealizzazione.

Domanda: Perché?

Risposta: Perché il consumo di carne indurisce il cuore e ci rende insensibili, mentre il vegetarianesimo risveglia in noi sia la misericordia verso gli altri esseri, sia la tendenza a comprendere e a seguire i princìpi della spiritualità.

Domanda: Non riesco a capire. Se come gli animali anche le piante hanno l’anima, e ucciderle è un peccato che procura un cattivo karma, dov’è la dieta senza karma? Anche i vegetariani devono uccidere per mangiare.

Risposta: Secondo le leggi della natura ogni essere è cibo per un altro essere; ciò significa che per sopravvivere bisogna per forza uccidere. Qual è dunque il fattore che distingue un comune vegetariano da un devoto del Signore?

L’offerta del cibo a Dio. Accettando il cibo cucinato con particolare cura e offerto con amore dal Suo devoto, Krishna accetta anche tutte le reazioni karmiche incluse nella raccolta e nella preparazione dei vari alimenti, e li trasforma così in prasada, cibo spiritualizzato 0 santificato che purifica chi lo mangia.

Il nostro maestro spirituale, Srila Prabhupada, spiega il principio della libertà dal karma con l’analogia del soldato. Se un soldato uccide in guerra per ordine di un superiore non è considerato un criminale, ma se lo fa arbitrariamente per motivi che esulano dal suo dovere, dovrà pagarne le conseguenze.

Se quindi ci atteniamo all’ordine superiore di Krishna e ci nutriamo nel modo giusto per noi, non incorreremo in alcuna reazione karmica; se invece trascuriamo il Suo volere e mangiamo solo per appagare il nostro palato, saremo soggetti al karma.

Domanda: Ora il concetto mi è chiaro, ma che cosa s’intende dire quando si parla di cibo “cucinato con particolare cura”?

Risposta: Cucinare in coscienza di Krishna è una vera e propria meditazione e anche una forma di adorazione. Prima di entrare nella nostra cucina, che dev’essere perfettamente pulita, dalle stoviglie al pavimento, dobbiamo purificare il corpo e la mente, e meditare su Krishna mentre cuciniamo, evitando le chiacchiere inutili. Inoltre, non assaggiamo mai le vivande prima dell’offerta, perché Krishna dev’essere il primo a gustarle.

Domanda: Mi sa dire cosa accade all’anima che dà la vita a un cavolfiore offerto a Krishna?

Risposta: Anch’io feci la stessa domanda e Srila Prabhupada rispose che quell’anima ottiene la liberazione. “Quale tipo di liberazione?” gli chiesi. “Ottiene una forma umana, e può quindi evolversi ulteriormente nella vita spirituale.”

Domanda: E se io non credessi a nulla di quanto mi ha detto?

Risposta: È una sua prerogativa, può credere 0 non credere. Non incoraggiamo nessuno a seguire ciecamente la filosofia della coscienza di Krishna; vogliamo che le persone facciano domande e riflettano sulle risposte con intelligenza e razionalità.

Non bisogna tuttavia rifiutare a priori questa filosofia solo perché non appartiene all’ambito culturale in cui si è cresciuti. Ciò che chiediamo è un’attitudine mentale aperta. In passato, io ero scettica anche più di lei e ho discusso con i devoti per un anno intero prima di riconoscere che quanto loro dicevano a me aveva più senso di quel che io dicevo a loro.48 Karma & Reincarnazione

VEGETARIANI? SÌ E PERCHÉ

Se analizziamo la nostra giornata, scopriamo che in un modo o nell’altro siamo sempre a contatto con prodotti derivanti dallo sfruttamento e dall’uccisione degli animali. Guardiamoci intorno… Come non essere quindi complici del dolore e della morte di animali, vittime degli usi e dei costumi dell’uomo d’oggi? E come essere invece protagonisti di scelte consapevoli, benefiche per la nostra salute, l’ambiente e le altre creature?

Negli ultimi anni sono sorte numerose iniziative mirate a interrompere atti violenti come la caccia, la vivisezione, le corride, la detenzione degli animali negli zoo e nei circhi, l’abbattimento degli animali da pelliccia, e così via. Ci sono senz’altro molti modi di contribuire a queste iniziative, che promuovono il rispetto per ogni forma di vita, ma la scelta più semplice e immediata consiste nel modificare le nostre abitudini alimentari.

È davvero così difficile essere vegetariani? Risponderemo a questa domanda esaminando le ragioni che sottendono il principio secondo cui il vegetarianesimo è una scelta intelligente e valida.

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In primo luogo, l’espressione latina homo vegetus si riferisce a un essere umano dotato di grande forza fisica e mentale, e in origine indicava una persona sobria dal punto di vista filosofico e morale. È quindi evidente che prim’ancora di essere una dieta, il vegetarianesimo è un modo di concepire la vita.

In secondo luogo, la storia abbonda di personaggi che hanno compreso il valore etico dell’alimentazione vegetariana; vediamo che cosa possono insegnarci con il loro esempio.

Pitagora, grande filosofo e matematico, consumava cibo esclusivamente vegetariano e si dice che pagasse i pescatori affinché ributtassero in mare i pesci appena pescati. Diceva: “Amici miei, evitate di corrompere il vostro corpo con cibi impuri. Ci sono estesi campi di frumento, mele così abbondanti da piegare i rami, uva che riempie le vigne, erbe gustose e verdure da cuocere.

La terra offre una grande quantità di ricchezze, di alimenti puri, che non provocano spargimento di sangue né morte.”

Leonardo da Vinci, artista e genio rinascimentale, scrisse: “Colui che non rispetta la vita non la merita.” E ancora: “Fin dalla più tenera età ho abiurato l’uso di carne, e verrà il tempo in cui gli uomini guarderanno l’omicidio degli animali come ora guardano l’omicidio degli uomini.”

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Leone Tolstoj, filosofo russo e premio Nobel per la letteratura, smise di andare a caccia, diventò vegetariano e si fece promotore del pacifismo, un movimento che condannava l’uccisione di ogni essere vivente, anche di una formica.

Nel suo saggio intitolato II primo gradino, egli scrive che mangiare la carne è un’azione immorale: “Uccidendo, l’uomo sopprime in se stesso le facoltà spirituali più elevate, l’amore e la compassione per le altre creature, e soffocando questi sentimenti diventa crudele!”

Dal canto suo, il fisico e filosofo Albert Einstein afferma: “Uno stile di vita vegetariano, anche solo per i suoi effetti fisici sul temperamento umano, avrebbe un’influenza estremamente benefica sulla maggior parte dell’umanità”.

Gandhi, politico illuminato e fautore della non-violenza, ribadiva: “Bisogna correggere la falsa credenza che la dieta vegetariana ci rende deboli, passivi e abulici. lo davvero non credo che la carne sia assolutamente indispensabile per nessun motivo. Sento che il nostro progresso spirituale ci porterà inevitabilmente a smettere di uccidere gli animali per soddisfare le esigenze materiali.”

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Quando all’età di cinquantacinque anni diventò vegetariano, Isaac Bashevis Singer, un altro premio Nobel per la letteratura, dichiarò: “Ovviamente mi dispiace non averlo fatto prima, ma meglio tardi che mai.” Singer non aveva simpatia per certi intellettuali e pseudo-guide spirituali che inculcavano nei loro seguaci l’idea che gli animali sono macchine prive di coscienza ed emozioni.

Diceva che chiunque abbia vissuto con un animale —un cane, un gatto, un uccello e perfino un topo— sa che questo è solo un pretesto per giustificare una sadica barbarie.

Vediamo allora cosa raccomandano le guide spirituali autentiche, dato che in quasi tutte le tradizioni vengono fatti precisi riferimenti all’etica vegetariana.

Nella biografia di Maometto si legge che il profeta si nutriva di datteri e farina d’orzo bollita; talvolta solo di acqua, latte e datteri. Gli piacevano in modo particolare la zucca al pomodoro, il miele e i cibi zuccherati. Quando alcuni suoi discepoli gli chiesero, “Quale ricompensa ottiene chi opera a beneficio degli animali?” Maometto rispose: “Ci sono ricompense per chiunque faccia del bene agli animali in genere!” (traduzione dalle Hadith)

Anche Buddha promosse la non violenza (ahimsa), che egli considerava “un passo fondamentale sulla via della conoscenza del sé.”

Nel Dhammapada Buddha non scende a compromessi con l’etica vegetariana: “In futuro alcuni ignoranti sosterranno che ho dato il permesso di mangiare la carne, e che io stesso ne ho mangiata, ma non ho permesso a nessuno di mangiare carne, non lo permetterò ora, non lo permetterò in alcuna forma, in alcun modo e in alcun luogo. È incondizionatamente proibito a tutti”.

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Passiamo ora a esaminare la tradizione cristiana citando alcuni grandi esponenti del primo cristianesimo.

Giovanni Crisostomo: “Noi capi cristiani pratichiamo l’astinenza dalla carne di animali per sottomettere il corpo. Mangiare la carne è innaturale e impuro.”

San Girolamo: “Fino al diluvio non si conosceva il piacere dei pasti a base di carne, ma dopo questo evento ci è stata riempita la bocca con le fibre e le secrezioni maleodoranti degli animali… Gesù Cristo, che venne quando fu compiuto il tempo, ha collegato la fine con l’inizio, quindi ora non ci è più consentito di mangiare la carne… Se gli animali servono per la mensa dell’uomo, non solo le lepri e i fagiani dovrebbero imbandire le tavole, ma anche i vermi, le cimici e le serpi.” (Adversus lovinianum)

Porfirio: “Gesù ci ha portato il cibo divino; il cibo carneo è nutrimento per i demoni”.

Sant’Ambrogio: “La carne fa cadere anche le aquile che volano.”

Clemente d’Alessandria: “Coloro che indugiano intorno a tavole di fiamme, nutrendo la loro stessa malattia, sono governati da un demone estremamente lussurioso, che non ho vergogna di chiamare il demone della pancia, il peggiore di tutti… È molto meglio essere felici che rendere i nostri corpi simili a tombe di animali. Di conseguenza, l’apostolo Matteo si nutriva di semi, noci e vegetali, niente carne.”

San Pietro: “Il consumo innaturale di carne è tanto contaminante quanto l’adorazione dei demoni, con i suoi sacrifici e i suoi festini impuri, e quando l’uomo vi prende parte diviene un compagno di tavola dei diavoli.” (Omelie Clementine)

Origene: ” …credo che i sacrifici animali siano stati inventati dall’uomo come pretesto per mangiare la carne.” (Stromata)

Se i primi cristiani erano vegetariani, come potrebbe la loro Scrittura, la Bibbia, incoraggiare il consumo di carne? Ecco di seguito alcune citazioni dall’Antico e dal Nuovo Testamento.

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“La gente raccogliticcia, che era tra il popolo, fu presa da bramosia. Anche gli israeliti ripresero a lamentarsi e a dire: chi ci potrà dare carne da mangiare? Ricordiamo i pesci che mangiavamo in Egitto gratuitamente… Ora la nostra vita inaridisce… I nostri occhi non vedono altro che questa manna.” (Numeri 11.4-5-6) “Lo sdegno del Signore divampò (Numeri 11.10) …

Dirai al popolo: ‘Santificatevi per domani e mangerete carne… Ne mangerete non per un giorno, non per due giorni, non per cinque giorni, non per dieci giorni, non per venti giorni, ma per un mese intero, finché vi esca dalle narici e vi venga a noia, perché avete respinto il Signore che è in mezzo a voi…'” (Numeri 11.18-19-20)

A quelli che si lamentavano, Dio diede le quaglie, ma il luogo in cui venne consumata la loro carne fu chiamato Kibrot-taava, “perché qui fu sepolta la gente che si era lasciata dominare dall’ingordigia.” (Numeri 11.34)

“Un piatto di verdura con l’amore è meglio di un bue grasso con l’odio,” dice il Libro dei Proverbi (15.17), e aggiunge: “Non essere fra quelli che s’inebriano di vino, né fra coloro che son ghiotti di carne.” (Proverbi 23.20)

Ma come conciliare vegetarianesimo e olocausti? Gli olocausti erano sacrifici finalizzati non al consumo di carne ma all’espiazione delle colpe, e con l’arrivo del Kali-yuga subirono, come i sacrifici vedici, un progressivo degrado: “Fu emanato poi un decreto diretto alle vicine città ellenistiche, per iniziativa dei cittadini di Tolemaide, perché anch’esse seguissero le medesime disposizioni contro i Giudei, li costringessero a mangiare la carne dei sacrifici e mettessero a morte quanti non accettavano di partecipare alle usanze greche. Si poteva capire allora quale tribolazione incombesse.” (2 Maccabei 6.89)

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Ed ecco il risultato: “Essi offrono sacrifici e ne mangiano le carni, ma il Signore non li gradisce. Si ricorderà della loro iniquità e punirà severamente i loro peccati.” (Osea 8.13)52 Karma & Reincarnazione

Dio Si espresse anche personalmente al riguardo: “Che M’importa dei vostri innumerevoli sacrifici? Dice il Signore, sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso dei giovenchi; il sangue di tori, agnelli e capre non lo gradisco.” (Isaia 1.11)

D’altro canto, proprio all’inizio della Bibbia Dio stesso afferma: “Guarda! Ti ho dato ogni erba con i suoi semi, e su tutta la Terra ogni albero con i suoi frutti, che contengono i semi di ogni albero: questo sarà il tuo cibo.” (Genesi 1.29)

Al di là di ogni possibile congettura, la Bibbia menziona ciò che serve all’uomo per vivere bene in questo mondo: “Le cose di prima necessità per la vita dell’uomo sono: acqua, fuoco, ferro, sale, farina di frumento, latte, miele, succo d’uva, olio e vestito.” (Siracide 39.26)

Si potrebbe asserire che il ferro è reperibile nella carne, e che menzionandolo, la Bibbia raccomanda indirettamente il consumo di carne. A prescindere dal fatto che il ferro è reperibile dappertutto, la Bibbia stessa risponde a questa illazione giudicando la carne un cibo impuro e condannando chi la mangia: “Perché ti contamini con i cadaveri e sei annoverato fra coloro che scendono agli inferi?” (Baruc 3.11)

Giuda Maccabeo testimonia col proprio esempio l’importanza di una dieta pura: “Giuda, detto il Maccabeo, che faceva parte di un gruppo di dieci, si ritirò nel deserto, tra le montagne, insieme a quelli che erano con lui. E tutti vivevano cibandosi di alimenti erbacei, per non contrarre contaminazione.” (2Maccabei 5.27)

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E Daniele illustra gli effetti benefici del vegetarianesimo: “Daniele decise in cuor suo di non contaminarsi con le vivande del re e col vino dei suoi banchetti. Disse: ‘Mettici alla prova per dieci giorni dandoci da mangiare legumi e da bere acqua, poi si confrontino, alla tua presenza, le nostre facce con quelle dei giovani che mangiano le vivande del re.’

Il capo dei funzionari acconsentì, e terminati i dieci giorni vide che le loro facce erano più belle e floride di quelle di tutti gli altri giovani… ” (Daniele 1, I ragazzi ebrei alla corte di Nabucodonosor)Concludiamo con l’esortazione chiara e diretta di San Paolo: ” …è bene non mangiare carne, né bere vino… ” (Romani 14.21)

Anche nei Dieci Comandamenti troviamo l’esortazione a “Non uccidere”, che però viene spesso interpretata a senso unico, e quindi intesa esclusivamente come uccisione del proprio simile, mentre dovrebbe essere intesa in senso generale ed estesa quindi a tutte le forme di vita. Del resto, sembra logico che l’uomo, non essendo in grado di generare la vita, non abbia il diritto di decidere della vita altrui.

In tutti noi esiste un anelito alla “crescita spirituale”, e per progredire su questo cammino occorre pensare e agire bene. Le Scritture vediche insegnano infatti che a ogni azione corrisponde una reazione, e la Bibbia lo conferma dicendo “raccoglierai ciò che hai seminato”.

C’è dunque un principio che sottende tutte le nostre azioni, il principio della compensazione, 0 legge del karma, secondo cui non esiste causa senza effetto, né effetto senza causa. Ne consegue che se siamo causa di sofferenza per altre creature, dovremo subire una sorte analoga.

La Bhagavad-gita spiega che il principio vitale, l’anima, esiste in ogni essere ed è la fonte della coscienza. L’unica differenza riscontrabile tra l’uomo e l’animale è un diverso grado di sviluppo dell’intelligenza e della sensibilità, ma questo divario non basta certo a giustificare il massacro degli animali, macellati a miliardi ogni anno per scopi alimentari.

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Siamo tutti figli di Dio, a prescindere dal corpo che abbiamo. Un padre può avere molti figli, alcuni intelligenti e altri meno, ma se uno di loro dicesse al padre, “…mio fratello non è molto intelligente, lascia che lo uccida…”, pensate che il padre sarebbe d’accordo? Se Dio è il Padre supremo, perché dovrebbe essere contento di vedere alcuni suoi figli meno intelligenti uccisi per mano di altri più intelligenti?

Basandoci sul principio secondo cui tutto ciò che vive è cosciente e racchiude quindi in sé una scintilla spirituale, potremmo dire che anche i vegetariani sono colpevoli, perché uccidono le piante. Questo è vero, benché molta frutta e verdura sia reperibile senza dover infliggere alcuna sofferenza. Ma anche nei casi in cui è necessario interrompere la vita di alcune piante, c’è una palese differenza tra la raccolta di un cavolfiore e l’uccisione di un animale.

Comunque, per proteggerci dalle reazioni negative dovute a qualsiasi forma di violenza, la Bhagavad-gita ci viene ancora una volta in aiuto affermando: “I devoti del Signore sono liberi da ogni colpa perché si nutrono di alimenti prima offerti in sacrificio, mentre coloro che preparano i cibi per un piacere personale si nutrono solo di peccato.” (3.13) E: “Se qualcuno mi offre con amore e devozione una foglia, un fiore, un frutto 0 dell’acqua, accetterò la sua offerta.” (9.26)

Se vogliamo essere affrancati dalle reazioni karmiche, dobbiamo quindi consumare cibi offerti al Signore, perché l’offerta purifica e santifica ciò che mangiamo, liberandoci dall’incatenamento alla materia. Del resto, il cibo è un dono di Dio, quindi è del tutto naturale ringraziare Colui che ce lo ha dato offrendoGlielo prima di mangiarlo.

RIFLESSIONI FINALI

La dieta a base di carne, pesce e uova crea una varietà di reazioni karmiche negative che possono manifestarsi in questa vita o nella prossima, ma produce effetti nefasti anche sul piano collettivo. Alcuni li possiamo già osservare: fame nel mondo, scarso riciclo dell’aria dovuto ai disboscamenti finalizzati all’allevamento di animali da macello, effetto serra, morte ed estinzione di varie specie animali e vegetali, desertificazione, calo progressiva delle risorse idriche, tonnellate di rifiuti non riciclabili. Ma non è tutto.

Nella Ciaitanya-ciaritamrita (Madhya-lila 24.251 spiegaz.) si legge: “Chi uccide migliaia di animali per consentire alla gente di acquistarne la carne e mangiarla sarà ucciso nello stesso modo per migliaia di vite future.”

I Veda spiegano che anche coloro che comprano la carne, sia per evitare di uccidere, sia per dimenticare l’efferata violenza che si cela dietro l’asettico banco del macellaio, partecipano al massacro degli animali e dovranno subirne le conseguenze karmiche. Come recita il detto: “Chi di spada ferisce, di spada perisce.”

II karma non è la legge della vendetta o della punizione fine a sé stessa, ma una regola giusta, ed è anche una medicina che ci viene somministrata per il nostro bene, affinché comprendiamo che questo mondo, col suo bagaglio di sofferenze, malattie, vecchiaia e morte, non è il luogo adatto a noi. Oltre i suoi confini esiste un altro mondo, ed è la nostra vera dimora, a cui tutti dovremmo aspirare.

Alcuni confondono questa legge con il determinismo e il fatalismo, e credono che le vicissitudini della vita siano causate inesorabilmente da quanto è successo prima. È vero che le nostre azioni sono determinate dall’eredità delle vite precedenti, ma è altrettanto vero che abbiamo il libero arbitrio e possiamo cambiare le nostre abitudini, educare il nostro carattere, coltivare la nostra natura superiore, vincere le debolezze e fortificare le virtù. Provarci dipende solo da noi.

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