I Corpi Cambiano

I Corpi Cambiano
Nel 1974, presso la comunità rurale dell’ISKCON vicino a Francoforte, in Germania, Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada ebbe la seguente conversazione col professor Karlfried Grafvon Durckheim. Psicologo religioso molto noto, autore del libro The Way of Transformation: Daily Life as Spiritual Exercise (La via della trasformazione: vita quotidiana come esercizio spirituale) e dottore in psicologia analitica, il professor Durckheim è conosciuto per aver fondato in Baviera una scuola terapeutica che integra l’approccio orientale e occidentale alla psicologia della coscienza.
Srila Prabhupada gli spiega qui il principio basilare della reincarnazione: la differenza tra il sé spirituale e il corpo materiale. Dopo aver stabilito che l’io cosciente e il corpo sono entità distinte, descrive il modo in cui il sé, l’anima, trasmigra in un altro corpo all’istante della morte.
Prof. Durckheim: Nel mio lavoro ho scoperto che all’ego naturale non piace morire. Se tuttavia vi capita di farne esperienza [la pre-morte], vi sembra di oltrepassare la soglia della morte e accedere a una realtà totalmente diversa.
Srila Prabhupada: L’esperienza è paragonabile a quella di un malato che ritrova la salute.
Prof. Durckheim: La persona che muore percepisce dunque un livello superiore di realtà?
Srila Prabhupada: Non è la persona che muore ma il suo corpo. Secondo i Veda il corpo è sempre morto. Un microfono, ad esempio, è fatto sostanzialmente di metallo, e se viene collegato a una fonte di energia elettrica converte il suono in impulsi elettrici, che vengono amplificati e trasmessi dagli altoparlanti. Se invece è scollegato, non accade un bel niente e il microfono si riduce a un aggregato di metallo, plastica e via dicendo.
Lo stesso vale per il corpo umano, che funziona solo perché animato dalla forza vitale presente al suo interno. Quando questa forza lo lascia si dice che il corpo è morto, ma in realtà è sempre morto. L’elemento importante è la forza vitale, in quanto è grazie a lei che il corpo sembra vivo. Vivo o morto che sia, il corpo non è che un aggregato di materia inerte.
La Bhagavad-gita (2.11) inizia spiegando che in ultima analisi la condizione del corpo materiale non è molto importante: “Sebbene tu dica sagge parole, ti affliggi per qualcosa che non vale la pena. I saggi non piangono né per i vivi né per i morti.”
Il corpo non costituisce il vero oggetto della ricerca filosofica. Dovremmo piuttosto concentrarci sul principio attivo che fa muovere il corpo, cioè l’anima.
Prof. Durckheim: Come risveglia nei suoi discepoli la consapevolezza di questa forza, che sebbene immateriale rende viva la materia? Dal punto di vista intellettuale apprezzo il fatto che lei stia esponendo una filosofia che racchiude la verità. Non la metto in dubbio, ma in che modo fa percepire questa verità agli altri?
COME PERCEPIRE L’ANIMA
Srila Prabhupada: È molto semplice. Esiste un principio attivo che fa muovere il corpo e in assenza del quale il corpo non si muove più. “Di che principio si tratta?” Questo è il vero interrogativo ed è anche l’essenza della filosofia del Vedanta, a tal punto che il Vedanta-sutra inizia con l’aforisma athato brahma-jighiasa: “Di che natura è il sé all’interno del corpo?”
Gli studenti di filosofia vedica imparano in primo luogo a distinguere un corpo vivo da uno morto. Se non sono in grado di afferrare questa nozione, chiediamo loro di riflettere sul tema usando la logica. Tutti possono vedere che il corpo cambia e si muove grazie alla presenza del principio attivo, l’anima. In assenza di questo principio, il corpo non cambia né si muove. Dev’esserci pertanto al suo interno qualcosa che lo attiva. Non è un concetto difficile da capire.
Il corpo è sempre morto; è come una macchina complessa. Un registratore, per esempio, è fatto di materia inerte, ma non appena l’uomo preme un bottone, comincia a funzionare. Anche il corpo è materia inerte, ma funziona e sembra vivo finché al suo interno c’è la forza vitale, il principio attivo.
Le faccio un altro esempio. Tutti abbiamo la capacità di parlare. Se chiedo a uno dei miei discepoli di venire da me, lui verrà, ma se il principio attivo lascia il suo corpo, potrò chiamarlo per anni e nessuno verrà. Non è difficile da capire. Ma cos’è esattamente questo principio attivo? La risposta a tale domanda costituisce il vero inizio della conoscenza spirituale.
Prof. Durckheim: Posso capire quanto lei ha detto riguardo al corpo morto, ossia che al suo interno dev’esserci qualcosa che lo rende vivo. La sola conclusione possibile è che stiamo parlando di due cose distinte, il corpo e il principio attivo, ma la mia vera domanda è: come diventiamo coscienti del principio attivo con l’esperienza diretta e non solo attraverso una conclusione intellettuale? Nel percorrere il sentiero interiore non è forse importante sperimentare davvero questa realtà più profonda?
“SONO SPIRITO, SONO BRAHMAN”
Srila Prabhupada: Lei stesso come persona è il principio attivo. Il corpo vivo è diverso da un corpo morto, e ciò che li distingue è la presenza del principio attivo. Quando tale principio è assente, il corpo è definito morto. Il vero sé corrisponde quindi al principio attivo. Nei Veda troviamo l’aforisma so ‘ham, “Sono il principio attivo.” È detto inoltre aham brahmasmi: “Non sono il corpo materiale, sono Brahman, spirito.”
Questa è l’autorealizzazione, e chi la raggiunge è descritto nella Bhagavad-gita con le parole brahma-bhutah prasannatma na sodati na kanciati: “La persona situata nella realizzazione spirituale non si lamenta e non desidera niente.” Samah sarveshu bhuteshu, si mostra equanime con tutti gli esseri —uomini, animali e via dicendo.
Prof. Durckheim: E se uno dei suoi discepoli dice “sono spirito” ma non riesce a percepirsi come tale?
Srila Prabhupada: Questo non può accadere. Lui sa di essere il principio attivo. In ultima analisi, tutti sanno di non essere il corpo, anche un bambino lo sa.
Consideriamo il nostro modo di parlare: non diciamo “io dito”, “io braccio”, “io piede”, ma “questo è il mio dito, il mio braccio, il mio piede”. Che cos’è dunque l’io? La realizzazione spirituale consiste proprio nel capire che non siamo il corpo.
La medesima realizzazione può estendersi a tutti gli esseri. Perché l’uomo uccide gli animali? Perché nuoce agli altri esseri? La persona autorealizzata pensa: “Questo è un altro sé spirituale, ha solo un corpo diverso, ma lo stesso principio attivo che opera nel mio corpo opera anche nel suo.” Vede tutte le creature con equanimità, sapendo che il principio attivo, il sé cosciente, non esiste solo nell’uomo, ma anche nei corpi di animali, uccelli, pesci, insetti, alberi e piante.
LA REINCARNAZIONE IN QUESTA VITA
Il principio attivo è l’anima, che trasmigra da un corpo all’altro all’istante della morte. Il corpo può essere diverso, ma il sé resta invariato. Possiamo osservare il passaggio da un corpo all’altro anche durante la nostra vita presente. Siamo trasmigrati dal corpo di neonato a quello di bambino, da quello di bambino a quello di adolescente, e da quello di adolescente a quello di adulto, ma attraverso questi cambiamenti il nostro sé cosciente, l’anima, è rimasto lo stesso. Il corpo è materiale e il vero sé è spirituale. Chi giunge a questa comprensione è una persona autorealizzata.
Prof. Durckheim: Penso che l’Occidente sia vicino a una svolta decisiva, in quanto per la prima volta nella storia gli europei e gli americani cominciano a prendere sul serio le esperienze interiori attraverso cui la verità si rivela. È chiaro che l’Oriente è sempre stato ricco di filosofi le cui esperienze inducono a percepire la morte non come un evento terrificante ma come la porta d’accesso a una vita più completa.
L’uomo ha bisogno di quest’esperienza per superare le solite abitudini corporee. Se riuscisse davvero a sfondare i limiti della sua sfera fisica, realizzerebbe subito che all’interno di sé opera un principio del tutto diverso, e diventerebbe cosciente della propria interiorità.
Srila Prabhupada: Un devoto di Krishna realizza del tutto naturalmente questo principio diverso, perché non pensa “sono il corpo”, bensì aham brahmasmi, “sono un’anima spirituale.” La prima istruzione di Krishna ad Arjuna nella Bhagavad-gita è la seguente: “Caro Arjuna, ti dai tanta pena per la condizione fisica, ma chi è situato nella conoscenza non prende mai sul serio il corpo materiale, vivo 0 morto che sia.”
Questa è la prima realizzazione sul sentiero dell’avanzamento spirituale. Qui tutti si preoccupano moltissimo del corpo, e finché esso è in vita gli riservano ogni cura; quando poi muore gli costruiscono sopra grandi statue e monumenti funebri. Immerso nella coscienza corporea, l’uomo non capisce che a dar vita e bellezza al corpo è il principio attivo, il vero sé, e non sa dove tale principio attivo va a finire all’istante della morte. Questa è ignoranza.
Prof. Dùrckheim: Durante la prima guerra mondiale, quand’ero giovane, passai quattro anni al fronte e fui uno dei due ufficiali del mio reggimento rimasti incolumi. Il campo di battaglia era uno scenario di morte. Vedevo morire persone al mio fianco; venivano colpite e all’improvviso la loro forza vitale spariva. Tutto ciò che restava, come dice lei, era un corpo senz’anima. Quando la morte mi fu vicina, e accettai l’idea che sarei potuto morire anch’io, realizzai che dentro di me c’era qualcosa che non aveva nulla a che fare con la morte.
Srila Prabhupada: Sì, questa è la realizzazione del sé.
Prof. Dùrckheim: L’esperienza della guerra mi ha segnato profondamente. È stato l’inizio del mio cammino interiore.
Srila Prabhupada: I Veda affermano, narayana-parah sarve na kutasciana bibhyati: l’anima che ha realizzato l’esistenza di Dio è libera dalla paura.
Prof. Dùrckheim: La via della realizzazione spirituale è una serie progressiva di esperienze interiori, non è vero? Molti europei hanno avuto esperienze del genere. Credo che la vera ricchezza dell’Europa risieda proprio nel fatto che qui tanti hanno conosciuto i campi di battaglia, i campi di concentramento e i bombardamenti. Nel loro cuore è impresso il ricordo dei momenti in cui videro la morte in faccia, in cui rimasero gravemente feriti e per un attimo colsero la loro natura eterna.
Ora però è necessario dimostrare all’umanità che per prendere sul serio l’esperienza interiore non c’è bisogno dei campi di battaglia, dei campi di concentramento e dei bombardamenti, dove si è toccati all’improvviso dalla sensazione di una realtà divina e s’intuisce che l’esistenza fisica non è l’unica realtà.
IL CORPO È COME UN SOGNO
Srila Prabhupada: Ne facciamo l’esperienza ogni notte. Quando sogniamo, il nostro corpo giace sul letto e noi andiamo altrove. Tutti possiamo così constatare che la nostra identità reale è distinta dal corpo. Come durante il sogno dimentichiamo il corpo disteso sul letto e agiamo in corpi e luoghi diversi, durante il giorno dimentichiamo i corpi onirici che di notte ci hanno portato nei luoghi più disparati. Forse abbiamo perfino volato.
Nel sogno dimentichiamo il corpo che abbiamo nella veglia, e nella veglia dimentichiamo il corpo onirico, ma l’anima, il sé cosciente, permane, ed è per questo motivo che restiamo consapevoli della nostra esistenza in entrambi i corpi. Dobbiamo quindi concludere che non siamo nessuno di questi corpi. Per un po’ esistiamo in un certo corpo, poi, quando sopraggiunge la morte lo dimentichiamo. Il corpo è dunque una mera struttura mentale, qualcosa di simile a un sogno, e il sé differisce da tale struttura. Questa è la realizzazione spirituale.
Nella Bhagavad-gita (3.42) Krishna dice: “I sensi attivi sono superiori alla materia inerte, superiore ai sensi è la mente e superiore alla mente è l’intelligenza, ma ancora più elevata è l’anima.”
Prof. Durckheim: Prima lei ha accennato al falso ego. Intendeva dire che il vero ego è l’anima?
Srila Prabhupada: Sì, l’anima è l’ego allo stato puro. Per esempio, io ho un corpo indiano di settantotto anni e un falso ego che pensa “sono indiano “, “sono questo corpo”, ma la mia è una convinzione errata. Un giorno il mio corpo temporaneo svanirà e io prenderò un altro corpo temporaneo; si tratta dunque di un’illusione effimera. La realtà è che l’anima trasmigra da un corpo all’altro secondo i suoi desideri e le sue azioni.
Prof. Durckheim: La coscienza può esistere separatamente dal corpo materiale?
Srila Prabhupada: Sì. La coscienza pura, l’anima, non ha bisogno di un corpo materiale. Quando per esempio lei sogna, dimentica il suo corpo attuale ma rimane cosciente. L’anima, la coscienza, è come l’acqua. L’acqua è pura, ma quando scende dal cielo e tocca il suolo diventa fango.
Prof. Durckheim: Sì.
Srila Prabhupada: Noi siamo anime spirituali, siamo puri, ma non appena lasciamo il mondo spirituale e veniamo a contatto con i corpi materiali la nostra coscienza si copre. La coscienza resta pura, ma viene ricoperta dal fango (il corpo). Ecco perché gli uomini si fanno la guerra.
S’identificano erroneamente col corpo e pensano “sono tedesco”, “sono inglese”, “sono nero”, “sono bianco”, “sono questo”, “sono quello”, tutte designazioni corporee che rappresentano altrettante impurità. Per questa ragione gli artisti scolpiscono e dipingono corpi nudi. In Francia, per esempio, il nudo è addirittura considerato arte “pura”. Analogamente, quando capiamo la “nudità” dell’anima spirituale, cioè la sua vera condizione, scevra da ogni designazione corporea, ritroviamo la purezza.
Prof. Dtirckheim: Perché è così difficile capire che siamo diversi dal corpo?
TUTTI SANNO DI NON ESSERE IL CORPO
Srila Prabhupada: Non è difficile, si può farne l’esperienza. La gente vede le cose in un modo diverso solo a causa della stupidità, ma in effetti tutti sanno di non essere il corpo, e lo possono verificare facilmente. Per quanto mi riguarda, so di esistere e di essere esistito nel corpo di un neonato, nel corpo di un bambino e in quello di un adolescente; ho già preso molti corpi e ora mi trovo nel corpo di un vecchio.
Un altro esempio. Lei ha indossato una giacca nera, ma tra poco potrebbe indossarne una bianca. Significa forse che lei è la giacca nera o quella bianca? No, significa solo che ha cambiato giacca. Sarei uno sciocco se la chiamassi “Signor Giacca Nera” o “Signor Giacca Bianca”. Così, nel corso della mia vita ho cambiato tanti corpi, ma non sono nessuno di essi. Questa è vera conoscenza.
Prof. Diirckheim: Eppure c’è un problema. Intellettualmente lei può aver compreso molto bene di non essere il corpo, ma può ancora temere la morte. Non significa forse che la sua comprensione è priva di realizzazione? Se fosse basata sull’esperienza, lei non avrebbe più paura della morte, perché saprebbe di non morire mai davvero.
Srila Prabhupada: La realizzazione ci viene trasmessa da un’autorità superiore, da qualcuno che ha una conoscenza superiore. Anziché trascorrere anni e anni cercando di realizzare che non sono il corpo, posso ricevere questa conoscenza da Dio, Krishna, la sorgente perfetta. Sperimenterò così la mia immortalità ascoltando un’autorità vera. Questa è conoscenza perfetta.
Prof. Diirckheim: Capisco.
Srila Prabhupada: L’istruzione vedica è dunque, tad-vighianartham sa gurum evabhigaccet: “Per avere un’esperienza autentica della perfezione della vita si deve avvicinare un guru.” Chi è un guru? Chi devo avvicinare? Qualcuno che ha ascoltato perfettamente il proprio guru. È questa “la successione dei maestri spirituali”.
Acquisisco la conoscenza da una persona perfetta e la trasmetto nello stesso modo, senz’apportare alcuna modifica. Sri Krishna ci dà la conoscenza nella Bhagavad-gita e noi la trasmettiamo senza cambiarla.
Prof. Diirckheim: Negli ultimi venti o trent’anni si è risvegliato nel mondo occidentale un grande interesse per le tematiche spirituali. D’altronde, però, se gli scienziati vogliono eliminare la persona umana, con le loro bombe atomiche e le altre innovazioni tecnologiche sono sulla buona strada. Se invece desiderano guidare la società verso un traguardo superiore, devono smettere di osservare l’uomo da un punto di vista materiale, cioè secondo l’ottica scientifica, e vederlo per quel che davvero è: un essere dotato di coscienza.
LO SCOPO DELLA VITA UMANA
Srila Prabhupada: Il fine della vita umana è realizzare il sé e realizzare Dio, ma gli scienziati non lo sanno. La società moderna è oggi guidata da uomini ciechi e sciocchi. I cosiddetti tecnologi, scienziati e filosofi non conoscono il vero traguardo dell’esistenza, e la stessa umanità è cieca. Si è dunque venuta a creare una situazione in cui dei ciechi sono guidati da altri ciechi. Quale risultato dobbiamo aspettarci? No, non è questo il metodo. Se si vuole comprendere la verità bisogna avvicinare una persona spiritualmente realizzata.
[Alcuni ospiti entrano nella stanza.]
Discepolo: Questi signori sono docenti di teologia e filosofia. E lui è il dottor Dara, responsabile di un’associazione che promuove qui in Germania lo studio dello yoga e della filosofia integrale.
[Srila Prabhupada dà il benvenuto agli ospiti e la conversazione prosegue.]
Prof. Durckheim: Posso farle un’altra domanda? C’è un livello di esperienza che apre all’uomo comune le porte di una coscienza più profonda?
Srila Prabhupada: Sì, Krishna descrive quest’esperienza nella Bhagavad-gita (2.13): “Come l’anima incarnata passa, in questo corpo, dall’infanzia alla giovinezza e poi alla vecchiaia, così l’anima passa in un altro corpo all’istante della morte. La persona riflessiva non è turbata da questo cambiamento.”
Occorre assimilare innanzitutto il principio base della conoscenza, cioè che non siamo il corpo. Solo una volta acquisita questa consapevolezza possiamo progredire verso una comprensione più profonda.
Prof. Durckheim: Mi pare ci sia una differenza sostanziale tra l’approccio orientale e quello occidentale al problema del corpo e dell’anima. L’insegnamento orientale punta alla liberazione dal corpo, mentre le religioni occidentali puntano alla realizzazione dello spirito nel corpo.
Srila Prabhupada: È molto facile da capire. Apprendiamo dalla Bhagavad-gita che siamo esseri spirituali all’interno del corpo e che soffriamo perché c’identifichiamo con esso. Sono entrato in questo corpo, quindi sono costretto a soffrire. Che io sia nato in Oriente 0 in Occidente, devo trovare il modo di uscire dal corpo. È chiaro questo punto?
Prof. Durckheim: Sì.
I Corpi Cambiano
Srila Prabhupada: Il termine “reincarnazione” significa che sono un’anima spirituale entrata in un corpo. Nella mia prossima vita potrei entrare in un corpo diverso, ad esempio quello di un cane 0 di un gatto, oppure nel corpo di un re, ma la sofferenza ci sarà sempre, sia nel corpo di un re che in quello di un cane, e include la nascita, la morte, la vecchiaia e la malattia. Per abolire queste quattro forme di sofferenza dobbiamo uscire dal corpo. Ecco il vero problema dell’uomo: uscire dal corpo materiale.
Prof. Durckheim: Possono volerci molte vite?
Srila Prabhupada: Sì, ma può bastarne anche una sola. Se in questa vita lei capisce che il corpo è la causa delle sue sofferenze, s’informerà su come uscirne. Acquisita questa conoscenza, saprà anche il trucco per liberarsi immediatamente del corpo.78 Karma & Reincarnazione
Prof. Durckheim: Questo non significa che devo uccidere il corpo, vero? Si tratta solo di realizzare che il mio spirito è diverso dal mio corpo?
Srila Prabhupada: Non è affatto necessario uccidere il corpo. Comunque, che il suo corpo venga ucciso o meno, un giorno lei dovrà lasciarlo e accettarne un altro. E impossibile evitarlo, è la legge della natura.
Prof. Durckheim: Mi sembra ci siano alcuni punti in comune col cristianesimo.
Srila Prabhupada: Non importa se lei è cristiano, musulmano o indù; la conoscenza è una sola, ed è bene acquisirla ovunque sia reperibile. Ogni individuo è prigioniero di un corpo materiale; questa è una realtà e si applica senza eccezioni agli indù, ai cristiani e ai musulmani. Le anime imprigionate nel corpo devono subire la malattia, la vecchiaia e la morte, mentre vorrebbero vivere in eterno, avere una conoscenza perfetta ed essere felici. Per raggiungere questo traguardo devono uscire dal corpo.
Prof. Dara: Lei sottolinea il fatto che dobbiamo uscire dal corpo. Non dovremmo invece accettare la nostra esistenza di esseri umani?
Srila Prabhupada: Lei propone di accettare la nostra esistenza di essere umani perché pensa che la vita in un corpo umano sia perfetta?
Prof. Dara: No, non penso sia perfetta, dico solo che dovremmo accettarla senza tentare di creare una qualche situazione ideale.
COME DIVENTARE PERFETTI
Srila Prabhupada: Lei stesso ammette che la sua condizione non è perfetta, quindi sarebbe opportuno scoprire come perfezionarla.
Prof. Dara: Ma perché perfezionarci come anime spirituali? Non possiamo farlo come esseri umani?
Srila Prabhupada: Lei ha già ammesso che la sua condizione nel corpo umano non è perfetta. Perché è così attaccato a questa condizione imperfetta?
Prof. Dara: Il corpo è uno strumento con cui posso comunicare con gli altri.
Srila Prabhupada: Questo lo possono fare anche gli uccelli e le bestie…
Prof. Dara: C’è però una grande differenza tra il linguaggio degli uccelli e degli altri animali e il nostro modo di comunicare.
Srila Prabhupada: Qual è la differenza? Essi comunicano con i componenti della loro specie e lei con quelli della sua specie.
Prof. Durckheim: Credo che la differenza stia soprattutto nel fatto che l’animale non ha coscienza di sé, della propria identità.
ELEVARSI AL DI SOPRA DEGLI ANIMALI
Srila Prabhupada: Si, questa è la vera differenza. Mentre l’uomo può capire chi è veramente, gli animali non ne hanno la facoltà. In quanto uomini dovremmo quindi sforzarci di conseguire la realizzazione spirituale, e non semplicemente comportarci come animali. Ecco perché il primo aforisma del Vedanta-sutra recita athato brahma-jighiasa: l’uomo è destinato alla ricerca della Verità Assoluta.
Lo scopo della vita umana non è mangiare e dormire come gli animali. Possediamo un’intelligenza superiore che ci permette di comprendere la Verità Assoluta. Lo Srimad-Bhagavatam (1.2.10) spiega: “I desideri non devono mai essere diretti verso il piacere dei sensi. Bisogna desiderare una vita in salute e preservarla affinché ci consenta d’interrogarci sulla Verità Assoluta. Questo dovrebbe essere l’unico scopo di ogni nostra azione.”
Prof. Dara: È una perdita di tempo usare il corpo per fare del bene agli altri?
Srila Prabhupada: Lei non può fare del bene agli altri se non sa cos’è il bene. Pensa al bene del corpo, ma il corpo è illusorio, nel senso che lei non è il corpo. Può, ad esempio, occupare un appartamento, ma lei non è l’appartamento. Se si limita ad abbellire l’appartamento ma dimentica di mangiare, è un bene?
Prof. Dara: Non mi sembra che paragonare il corpo a una stanza sia molto appropriato…
Srila Prabhupada: Le sembra inappropriato perché lei pensa di essere il corpo.
Prof. Dara: Se usciamo da una stanza, la stanza rimane. Se invece usciamo dal corpo, il corpo non rimane.
Srila Prabhupada: Anche la stanza sarà distrutta prima o poi.
I Corpi Cambiano
Prof. Dara: Voglio dire che deve sussistere un legame molto intimo tra il corpo e l’anima, una sorta di unità, almeno finché siamo vivi.
Srila Prabhupada: Non si tratta di vera unità. C’è differenza. La stanza in cui mi trovo adesso è importante per me solo finché sono vivo, altrimenti non ha alcun valore. Quando l’anima lascia il corpo, il corpo viene gettato via anche se era molto caro al suo proprietario.
Prof. Dara: E se io non volessi separarmi dal corpo?
Srila Prabhupada: Volente o nolente dovrà separarsene. Una volta morto, i parenti getteranno via il suo corpo.
Prof. Durckheim: C’è differenza tra il pensare “sono spirito e ho un corpo” e pensare “sono un corpo e ho un’anima”.
IL SEGRETO DELL’IMMORTALITÀ
Srila Prabhupada: Sì, è sbagliato credere di essere un corpo e di avere un’anima, perché non è la verità. Noi siamo anime temporaneamente ricoperte dal corpo. Ciò che conta è l’anima, non il corpo. Per esempio, una giacca è importante finché la si può indossare, ma quando è consunta la si butta via e se ne acquista un’altra. L’essere individuale vive continuamente la stessa esperienza: si separa dal suo corpo attuale per assumerne un altro.
Questo è ciò che chiamiamo morte. Il vecchio corpo non ha più alcun valore e il nuovo diventa importante. Il problema è che la gente attribuisce grande valore a un corpo che nel giro di qualche anno verrà sostituito da un altro corpo.