Il principe che aveva un milione di madri

Il principe che aveva un milione di madri
“Alcuni vedono l’anima come una meraviglia, altri la descrivono come una meraviglia, altri ancora ne sentono parlare come di una meraviglia, ma c’è chi non riesce a concepirla neanche dopo averne sentito parlare.” Bhagavad-gita 2.29
“La nostra nascita non è che sonno e oblìo” scrive il poeta britannico William Wordsworth nella sua celebre opera Intimations of immortality (Segni d’immortalità). In un altro poema egli si rivolge a un neonato con queste parole:
“Oh, dolce nuovo arrivato su questa Terra mutevole, se, come grandi veggenti hanno ardito supporre, già altre volte fosti un essere umano, benedetto da umani genitori, allora, molte volte nel passato la tua madre presente ti strinse, o piccolo straniero, al suo seno fecondo.”
Nella storia che segue, tratta dallo Srimad-Bhagavatam, il figlio di Maharaj Citraketu svela le proprie vite passate e istruisce il re e la regina sull’immortalità dell’anima e sulla scienza della reincarnazione.
Sebbene idoneo a generare figli, Citraketu Maharaj non ne aveva neanche uno perché le sue numerose mogli erano tutte sterili. Un giorno Anghira Munì arrivò a palazzo, e come vuole la tradizione vedica il re scese subito dal trono per accoglierlo e offrirgli i suoi omaggi.
Il saggio disse: “Vedo che hai la mente turbata. Il pallore sul tuo volto riflette un’ansia profonda. Non hai forse raggiunto i tuoi obiettivi?”
Mistico perfetto, Anghira conosceva il motivo per cui Citraketu era infelice, ma fece finta di non saper nulla.
Citraketu rispose: “Grazie alle tue perfette austerità e penitenze hai acquisito la conoscenza completa. Puoi dunque vedere ciò che si trova all’interno e all’esterno di anime incarnate come me. 0 grande anima, hai la totale consapevolezza di ogni cosa, eppure mi chiedi perché sono angosciato. Va bene, ti svelerò la causa del mio dolore, ma solo per rispondere alla tua domanda.
“Come una ghirlanda di fiori non può saziare un uomo affamato, così il mio vasto impero e la mia ricchezza immensurabile non hanno alcun senso, perché sono privo di ciò che fa davvero ricco un uomo: la discendenza. Puoi aiutarmi a diventare pienamente felice facendo in modo che io abbia almeno un figlio?”
Anghira era molto misericordioso, perciò decise di aiutare il re compiendo un sacrificio speciale in onore degli esseri celesti. Offrì poi i resti del cibo sacrificale a Kritadyuti, la più amata tra le regine di Citraketu, e disse: “0 grande re, avrai un figlio che sarà per te fonte di gioia e di lamento.” Poi sparì senz’attendere la risposta del sovrano.
Citraketu fu contentissimo di sapere che finalmente avrebbe avuto un erede, ma si chiese che cosa intendesse il saggio con le sue ultime parole.
Il principe che aveva un milione di madri
“Anghira avrà voluto dire che la nascita di questo figlio mi renderà molto felice, il che è senz’altro vero, ma perché ha aggiunto che il bambino sarà per me fonte di lamento? Essendo il mio unico figlio, erediterà automaticamente il trono e il regno, ma se per questa ragione diventasse orgoglioso e ribelle, sarebbe certo per me fonte di lamento. Nondimeno, avere un figlio ribelle è sempre meglio che non averne affatto.”
A tempo debito Kritadyuti rimase incinta e diede alla luce un bambino. Tutti gli abitanti del regno si rallegrarono per la bella notizia, mentre il re non si conteneva dalla gioia. Nell’allevare con cura il piccolo sentì crescere ogni giorno di più il suo affetto per Kritadyuti, tanto che giunse a trascurare le altre mogli.
Dal canto loro, le regine non facevano che rammaricarsi del proprio destino, perché una donna senza figli viene abbandonata dal marito e trattata dalle mogli favorite come una serva. Bruciando di rabbia e d’invidia, persero ogni intelligenza e il loro cuore diventò duro come una pietra. Si riunirono in segreto e decisero che esisteva un’unica soluzione al problema, una sola via per riacquistare l’amore del marito: avvelenare il bambino.
Un pomeriggio Kritadyuti camminava nel cortile del palazzo pensando al figlio che riposava sereno nella propria stanza, e poiché lo amava teneramente non sopportava di separarsi da lui neanche per un attimo. Ordinò allora di svegliarlo e portarlo in giardino, ma quando la nutrice si avvicinò alla culla vide che il bambino aveva gli occhi rivoltati all’indietro e non dava segni di vita. Inorridita, pose un batuffolo di cotone sotto le sue narici, ma il cotone non si mosse. Al che gridò: “Maledizione!” e si accasciò al suolo. In preda alla più grande agitazione, si batté il petto con entrambe le mani e pianse disperata.
Trascorso un po’ di tempo, la regina si avviò inquieta verso la camera del figlio, e sentendo i gemiti della nutrice si precipitò nella stanza. Vide allora che il bambino aveva lasciato questo mondo, e letteralmente sconvolta, i capelli e gli abiti in disordine, cadde a terra priva di sensi.
Quando il re seppe della morte improvvisa del figlio diventò quasi cieco per il dolore. Esplose in un pianto violento e corse verso di lui inciampando e cadendo più volte. Attorniato da ministri e dignitari, entrò nella stanza del piccolo e crollò svenuto ai suoi piedi. Riprese infine conoscenza, ma respirava a fatica, aveva gli occhi pieni di lacrime ed era incapace di parlare.
Il principe che aveva un milione di madri
Nel vedere il marito sopraffatto dal dolore e il cadavere di suo figlio, la regina prese a maledire il Signore Supremo, accrescendo così il tormento di tutti i residenti del palazzo. Le ghirlande di fiori le scivolarono dal collo, i bei capelli corvini le s’ingarbugliarono e un flusso incessante di lacrime le sciolse il trucco.
“O Provvidenza!” gridò. “Mentre il padre è ancora vivo hai causato la morte di suo figlio! Sei la nemica giurata di tutti gli esseri e priva di misericordia!”
Rivolgendosi poi al suo amato bambino, disse: “Caro figlio, sono affranta e inerme. Non avresti dovuto andartene! Come hai potuto lasciarmi? Guarda la disperazione di tuo padre! Ora hai dormito abbastanza, svegliati, ti prego! I tuoi amici ti chiamano perché tu vada a giocare con loro. Devi essere affamato, amore mio, quindi alzati e mangia il tuo pasto. Figlio mio, la fortuna mi ha abbandonata, perché non posso più contemplare il tuo dolce sorriso. Hai chiuso gli occhi per sempre. Ti hanno prelevato da questo pianeta e condotto in un luogo da cui non tornerai. Piccolo mio, non potendo più sentire la tua bella vocina mi sarà impossibile restare in vita.”
Il re cominciò a piangere forte, la bocca spalancata, e l’intera corte si unì al lutto dei due genitori deplorando la morte precoce del bambino. Per il dolore causato dalla disgrazia improvvisa, gli abitanti del regno caddero in uno stato di semi incoscienza.
Quando Anghira Munì intuì che Citraketu stava per annegare in un oceano di sofferenza, si recò da lui col suo amico, il santo Narada. I due saggi trovarono il re prostrato dal dolore, disteso come morto accanto al cadavere del figlio.
Anghira gli disse allora con forza: “Svegliati dal buio dell’ignoranza! Che legame ha con te questo cadavere, e che legame hai tu con lui? Puoi anche dire che si tratta di tuo figlio, ma pensi che questo legame esistesse prima della sua nascita? Esiste davvero ancora oggi e continuerà a esistere ora che il bambino è morto? 0 re, come a volte i granelli di sabbia s’incontrano e poi vengono nuovamente divisi dalla forza del mare, così a volte gli esseri viventi che hanno assunto corpi materiali s’incontrano e vengono nuovamente divisi dalla forza del tempo.” Anghira voleva che Citraketu comprendesse la natura transitoria delle relazioni basate sul corpo.
“Quando visitai la prima volta il tuo palazzo,” proseguì il saggio, “avrei potuto concederti il dono più grande, la conoscenza trascendentale, ma poiché la tua mente era assorta in pensieri materiali, ti diedi solo un figlio che ti ha procurato gioia e dolore. Ora stai vivendo la condizione miserabile di chi ha figli e figlie. Gli oggetti dei sensi, come la moglie, i figli e le proprietà, non sono che sogni, quindi, o re, cerca di capire chi sei veramente. Chiediti da dove sei venuto, dove andrai dopo aver lasciato il corpo e perché sei dominato dalla sofferenza materiale.”
Il principe che aveva un milione di madri
Narada Munì fece allora qualcosa di straordinario: grazie al suo potere mistico rese visibile a tutti l’anima del bambino morto. Subito la stanza si riempì di una luce abbagliante e il cadavere riprese vita. Narada disse: “O essere vivente, che la fortuna sia con te! Guarda tuo padre, tua madre, i tuoi amici e i parenti prostrati dal dolore a causa della tua dipartita. Essendo deceduto prematuramente, hai ancora molti giorni da vivere, puoi quindi rientrare nel tuo corpo e godere insieme a parenti e amici degli anni che ti restano. In seguito, potrai salire al trono e beneficiare della ricchezza ereditata da tuo padre.”
Dopo che Narada Muni ebbe rianimato il corpo, il bambino si mise seduto e cominciò a parlare, non con l’intelligenza di un fanciullo, ma con la piena conoscenza di un’anima liberata: “Secondo il risultato delle mie azioni materiali, io, anima spirituale, trasmigro da un corpo all’altro nascendo a volte tra gli esseri celesti, a volte tra gli animali e i vegetali, e a volte tra gli uomini. In quale mia nascita queste due persone sono state i miei genitori? In realtà, nessuno è mio padre e mia madre. Ho avuto milioni di cosiddetti genitori, come posso dunque accettare Citraketu e Kritadyuti come mio padre e mia madre?”
L’essere spirituale, affermano i Veda, si riveste di un corpo fatto di elementi materiali. Nel caso specifico è entrato in un corpo maschile generato dal re Citraketu e da sua moglie, ma ciò non significa che sia il loro figlio. E infatti l’eterno figlio di Dio, ma poiché vuol godere del mondo materiale, riceve dal Signore l’opportunità di rivestirsi di corpi diversi. In realtà, l’anima pura non ha alcun vero legame col corpo che ottiene dai suoi genitori, ed è per questo motivo che l’anima rientrata nel corpo del figlio di Citraketu negò categoricamente il proprio vincolo filiale con il re e la regina.
L’anima nel corpo del bambino proseguì: “In questo mondo, tutti col tempo diventano amici, parenti o nemici come in un fiume che scorre rapido. Agiscono anche in modo neutrale e instaurano rapporti di vario genere, ma al di là di questi scambi nessuno è legato per sempre a qualcun altro.”
Citraketu si affliggeva per la morte del figlio, ma avrebbe potuto contemplare l’evento da un’altra prospettiva: “Nella vita precedente questa persona era un mio nemico, e ora è apparso come mio figlio ed è morto prematuramente al solo scopo di farmi soffrire.” Esiste forse una ragione per cui il re non dovrebbe vedere il figlio morto come un vecchio nemico e rallegrarsi della sua morte invece di lamentarsene?
L’anima continuò: “Come l’oro e gli altri beni si spostano continuamente da un luogo all’altro mediante la compravendita, così l’essere individuale vaga per l’universo intero a causa del suo karma e viene introdotto attraverso il seme di un padre in corpi diversi nell’ambito delle varie specie.”
Il principe che aveva un milione di madri
La Bhagavad-gita spiega che l’anima non è generata da un padre e da una madre, in quanto la sua vera identità è totalmente distinta da quella dei suoi presunti genitori. Costretta dalle leggi della natura a entrare nel seme di un padre e ad essere introdotta nel grembo di una madre, l’anima non può scegliere il proprio padre, ma riceve quello che merita secondo i suoi atti passati.
Forzata dalla legge del karma ad accettare genitori diversi, è proprio come una merce che viene comprata e venduta. A volte trova rifugio in genitori che appartengono al regno animale, a volte in un padre e una madre umani. Nasce talvolta tra i volatili e talvolta da due esseri celesti sui pianeti superiori.
Nel suo trasmigrare attraverso vari corpi — vegetali, animali, umani o celesti— l’anima riceve sempre e comunque un padre e una madre. La vera difficoltà sta nel trovare un padre spirituale, un maestro autentico, ed è quindi nostro dovere cercarlo, perché sotto la sua guida ci si può liberare dal ciclo della reincarnazione e tornare a casa, nel mondo spirituale.
“L’essere individuale è eterno,” continuò l’anima pura, “e non ha alcun rapporto con i suoi cosiddetti genitori. Si crede erroneamente un loro figlio e riversa su di loro il proprio affetto. Con la morte, tuttavia, questo legame s’interrompe. Viste le circostanze, nessuno dovrebbe lasciarsi coinvolgere in false gioie e falsi dolori.
L’essere è eterno e indistruttibile, non ha inizio né fine, e neanche nasce 0 muore. È qualitativamente uguale al Signore Supremo perché Ne condivide la natura spirituale, ma data la sua infinitesimalità tende a farsi ingannare dall’energia materiale. Si crea così dei corpi secondo i suoi desideri e le sue attività.”
I Veda c’insegnano che l’anima è responsabile delle proprie vite in questo mondo, dove resta intrappolata nel ciclo della reincarnazione corpo dopo corpo. Può, a sua scelta, continuare a soffrire nella prigione dell’esistenza materiale, ma può anche tornare alla sua dimora eterna nel mondo spirituale. Benché Dio assegni agli esseri viventi i corpi di materia che desiderano, in realtà vuole che le anime condizionate scendano dalla giostra punitiva del mondo materiale e tornino a casa, da Lui.
Il principe che aveva un milione di madri
All’improvviso il bimbo tacque. L’anima pura aveva lasciato quel corpo, che cadde per terra esanime. Sbalorditi, Maharaj Citraketu e gli altri parenti spezzarono le catene dell’affetto e smisero di tormentarsi. Eseguirono il rito funebre e cremarono il corpo. Le altre regine, colpevoli di aver ucciso il bambino, provarono una grande vergogna.
Ricordarono desolate le istruzioni di Anghira e rinunciarono all’ambizione di avere figli. Seguirono infine le direttive dei sacerdoti brahmano e andarono sulle rive del sacro fiume Yamuna per espiare il loro peccato pregando e purificandosi con un bagno quotidiano.
Poiché Citraketu e la sua regina avevano acquisito un sapere spirituale perfetto, che includeva la scienza della reincarnazione, sciolsero facilmente il nodo affettivo che comporta dolore, paura, lamento e illusione. Anche se l’attaccamento al corpo materiale è molto difficile da superare, entrambi lo troncarono con la spada della conoscenza trascendentale.