Lo Yoga Del Saggio Kapila
Meditare sulle forme trascendentali del Signore

Meditare sulle forme trascendentali del Signore
verso 34 naikatmatam me spmhayanti kecin
mat-pada-sevabhirata mad-ihah
ye ‘nyonya to bhagavatah prasajya
sabhajayante marna paurusani
Il puro devoto non vuole mai diventare tutt’uno con Me, perché ama servirMi con devozione ed è concentrato sui Miei piedi di loto. Così assorto, glorifica sempre i Miei divertimenti e le Mie attività.
Le Scritture menzionano cinque forme di liberazione. Fondersi nel Supremo. ossia rinunciare alla propria individualità per immergersi nell’Assoluto, è una di queste.
Si chiama ekatmatam e il devoto non l’accetta mai. Le altre quattro sono: elevarsi a Vaikuntha, lo stesso pianeta di Dio, vivere in Sua compagnia, godere delle Sue stesse opulenze e ottenere un aspetto fisico identico al Suo. Kapila Muni spiegherà che un puro devoto non aspira a queste forme di liberazione e rifugge specialmente l’idea di fondersi nell’esistenza del Supremo.
Prabodhananda Sarasvati, un grande seguace di Sri Chaitanya, diceva: “La felicità a cui ambiscono i mayavadi, e che si ottiene annullandosi nel Supremo, è infernale.” Questo genere di unione non attira i puri devoti.
Secondo la filosofia mayavada adorare un Dio personale è utile solo allo stato condizionato, perché in ultima analisi l’Assoluto è impersonale. In altre parole, si può attribuire all’Assoluto privo di forma una forma personale e adorarla; poi, una volta raggiunto il piano liberato, si può interrompere l’adorazione. È tuttavia necessario precisare che gli impersonalisti non si fondono nell’esistenza dell’Essere Supremo, ma piuttosto nel brahmajyoti, la radiosità che emana dalla Sua persona.
Sebbene il brahmajyoti non sia diverso dal corpo del Signore, i puri devoti rifiutano quest’unione con l’Assoluto, perché nel servizio devozionale sperimentano un piacere di gran lunga superiore a quello derivante dall’immergersi nella luce divina. Desiderosi di soddisfare il Signore, elaborano sempre nuovi modi di servirlo, anche in mezzo alle difficoltà insite nell’esistenza materiale.
I mayavadi definiscono mitologici i divertimenti del Signore, ma in realtà si tratta di eventi storici, che i puri devoti considerano Verità Assoluta. Le parole marna paurushani (le Mie gloriose attività) sono significative. Mentre i devoti sono sempre impazienti di glorificare le attività del Signore, i mayavadi non riescono nemmeno a concepirle. Pensano che l’attività sia associata alla personalità, e siccome l’Assoluto è impersonale non può compiere alcuna attività.
Ritengono dunque immaginarie le narrazioni dei Suoi divertimenti contenute nello Srimad-Bhagavatam, nella Bhagavad gita e in altri Scritti vedici, e le interpretano con una buona dose di malizia. Non avendo la più pallida idea della Persona Divina, manipolano i Testi sacri alterandone Il significato per sviare il pubblico innocente.
Gli insegnamenti della scuola mayavada sono quindi molto pericolosi, tanto che Sri Chaitanya raccomandò ai Suoi discepoli di evitarli con cura. Chi li ascolta non imboccherà mai la via della devozione, o nella migliore delle ipotesi dovrà attendere a lungo prima di convincersi che questa è l’unica strada verso la perfezione più elevata.
Kapila Muni afferma chiaramente che la bhakti, l’attività devozionale, è superiore alla liberazione (mukti). Di solito la gente è incline alla religiosità, allo sviluppo economico e al piacere dei sensi, e infine cerca di annullarsi nel Supremo (mukti). La bhakti trascende tutto questo. Lo Srimad-Bhagavatam esordisce quindi affermando che ogni forma di presunta religiosità è del tutto assente nelle sue pagine.
L’opera rifiuta con fermezza sia le attività ritualistiche finalizzate all’acquisizione di beni materiali e al piacere dei sensi, sia il desiderio di annullarsi nell’Assoluto come conseguenza della frustrazione derivante da questo piacere. Il Bhagavatam è destinato in particolare ai puri devoti,sempre assorti nella glorificazione delle attività trascendentali di Krishna, come ad esempio i passatempi di Vrindavana, Dvaraka e Mathura narrati in questo e in altri Purana.
I filosofi mayavadi considerano mitologiche tali narrazioni,che sono invece gloriose e degne di lode e apprezzamento.
Le Scritture vediche sono Krishna-kathà, discorsi che riguardano Krishna. La Krishna-kathà non è un tema da circolo intellettuale, ma è destinata ai devoti. Come abbiamo già ribadito più volte, i cosiddetti accademici, politici e filosofi che tentano di spiegare la Bhagavad-gita e lo Srimad-Bhagavatam secondo la loro inadeguata comprensione perdono tempo. Bhaktisiddhanta Sarasvati Thakur paragonava tali persone a chi si limita a leccare un barattolo di miele perché non sa aprirlo e gustarne il contenuto.
Se vogliamo il miele, dobbiamo aprire il barattolo, ma solo un devoto sa farlo. Si legge quindi nel Bhagavatam (3.25.25): “È molto piacevole per gli orecchi e il cuore parlare dei divertimenti di Dio in compagnia dei puri devoti. Coltivando quest’abitudine si progredisce gradualmente sulla via della libertà dal condizionamento materiale, e l’attrazione per Krishna diventa costante. Nasce allora la devozione vera e il servizio devozionale ha inizio.”
Dio è eterno, ed eterni sono i Suoi devoti e le Sue istruzioni. Nella Bhagavad gita (4.1) Krishna dice ad Arjuna di aver trasmesso al deva del sole il medesimo messaggio milioni di anni prima. La Gita fu rivelata ad Arjuna cinquemila anni fa, ma leggendola ci rendiamo conto che è sempre attuale. È come Krishna, non invecchia mai. Krishna è il primo di tutti gli esseri, il più anziano, eppure conserva l’aspetto di eterno adolescente. Sembra che non superi mai i vent’anni.
Le Sue parole, la Sua forma, le Sue qualità e le Sue attività sono assolute, eternamente fresche e nuove, altrimenti come potrebbero i Suoi devoti glorificarlo ogni giorno con rinnovato entusiasmo? Quanto più si glorifica Krishna, tanto più ci si appassiona alle Sue glorie. Questa è la caratteristica di ciò che è spirituale.
Se in questo mondo ripetiamo qualcosa due, tre, quattro o più volte, ci sentiamo stanchi e perfino nauseati, ma possiamo cantare il maha-mantra Hare Krishna giorno e notte e provare un gusto sempre nuovo, un entusiasmo sempre crescente. Non è un suono come quelli che si sentono alla radio, ma proviene dalla dimensione spirituale.
Sul nostro pianeta trasmettiamo e riceviamo suoni da migliaia di chilometri, ma il suono spirituale può essere trasmesso da trilioni di chilometri e possiamo comunque sentirlo, a patto di avere il ricevitore adatto, che si chiama “amore per Dio” o bhagavat-prema.
Arjuna non era un vedantista o un sannyasi, non era neanche particolarmente esperto nella scienza spirituale, ma poiché era un bhakta, ascoltò e capì la Bhagavad gita. Gli studiosi e i politici atei non riescono a comprendere i suoni trascendentali; a loro è concesso solo leccare il barattolo del miele.
Molti presunti swami e yoghi dicono ai loro discepoli che possono avanzare spiritualmente comportandosi come vogliono. Incitano dunque gli sciocchi e i disonesti a mangiare e a bere senz’alcuna restrizione, ma la vita spirituale è tutt’altra cosa: significa controllare la mente e i sensi,e parlare di Dio in compagnia dei sadhu.
Può sembrare difficile diventare sat, persone sante, ma in realtà può avvenire in un attimo, basta arrendersi a Krishna. Nell’avvicinare Krishna dovremmo pregare cosi: “Ti ho dimenticato, mio Signore, e ora che sono completamente arreso a Te puoi, se vuoi, uccidermi o proteggermi.”
Quando il Signore domandò a Prahlad Maharai quale benedizione volesse in cambio del suo servizio, questi rispose: “Perché dovrei volere qualche benedizione? La Tua potenza è suprema e tutto ciò che possiedo lo ricevo da Te. Essendo nato in una famiglia di asura, ero incline al piacere materiale, ma ho visto mio padre, temuto perfino dagliesseri celesti, distrutto in un secondo. Perché dovrei chiederTi qualcosa? Desidero solo impegnarmi al servizio dei Tuoi servitori. Questo è ciò che vorrei. Nient’altro.“
Il devoto non chiede nulla di materiale a Dio, è pienamente soddisfatto se può glorificar o. Questa è la via del bhakti-yoga.
Krishna scese per allietare i devoti ed eliminare i malvagi, che erano presenti sulla Terra fin dal Suo avvento. Kamsa era uno di loro e disse ai suoi seguaci: “Appena Krishna viene alla luce, avvisatemi. Lo ucciderò immediatamente.” Pensava sempre a Krishna in modo negativo. Altrettanto fanno molti falsi uomini di fede, il cui unico intento è uccidere Dio estromettendolo sistematicamente dalla Bhagavad-gita.
Nei loro commenti a quest’opera, infatti, non citano mai il nome di Krishna, non dicono mai che Egli è Dio, la Persona Suprema, al Quale dobbiamo la nostra adorazione. Ciò significa che pur atteggiandosi a grandi accademici, sono asura, persone dalla mentalità demoniaca. Cercano in tutti i modi di evitare la Krishna-bhakti e la loro propaganda mira solo a questo fine.
Meditare sulle forme trascendentali del Signore
verso 35 pasyanti te me rucirany amba santah
prasanna -vaktraruna-locanani
rupani divyani vara-pradani
sakam vacam sprhaniyam vadanti
O madre, i Miei devoti vedono sempre il Mio volto sorridente e i Miei occhi simili al sole che sorge, amano contemplare le Mie molteplici forme trascendentali dalla benevolenza infinita, e s’intrattengono piacevolmente con Me.
I mayavadi e gli atei considerano idolil e Divinità presenti nel tempio, ma i devoti non sono idolatri: adorano direttamente Dio, la Persona Suprema, nella Sua manifestazione di murtio archa-vigraha. Il termine archa indica la forma divina che possiamo ad orare mentre siamo ancora incapaci di vedere il Signore nel Suo corpo trascendentale. Al momento ciò che è spirito non è percepibile dai nostri occhi o dagli altri sensi materiali.
Quando una persona muore, ad esempio, non vediamo l’anima che lascia il corpo. Poiché abbiamo sensi così imperfetti, Dio appare in una forma commisurata alla nostra percezione sensoriale, l’archa-vigraha, che non è diversa da Lui. Le Sue forme, che non hanno nulla di materiale, sono molteplici, e alcuni passi delle Scritture vediche illustrano come scolpirle in elementi quali l’argilla, il legno, il metallo e le pietre preziose.
Dio è onnipresente, quindi Si trova senz’altro anche nella materia. Non ci sono dubbi, ma gli atei la pensano diversamente. Benché sostengano che tutto è Dio, quando entrano in un tempio e vedono la murti del Signore sull’altare, rifiutano di riconoscerlo in quella forma. Ma se la loro tesi afferma che tutto è Dio, come mai la murti non lo è? La verità è che non hanno alcuna idea di Dio. Il devoto ha una visione differente, perché i suoi occhi sono unti col balsamo dell’amore.
Appena vede Krishna nelle Sue varie forme, sente una devozione profonda e immediata, perché, al contrario degliatei, non percepisce alcuna discrepanza tra il Signore e la forma che Egli manifesta nel tempio. Considera spirituale il volto sorridente della murti e apprezza gli ornamenti che decorano il Suo corpo. Sotto la guida del guru impara ad adorare la Divinità e a pulire il tempio.
I devoti visitano i templi di Vishnu per contemplare la benevola murti che vi risiede e provano un grande piacere spirituale nell’esprimerle i loro pensieri. In molti casi ottengono anche una risposta, ma occorre essere molto elevati per parlare col Signore, che a volte istruisce il Suo devoto anche attraverso i sogni. Gli atei non possono capire questi scambi sublimi, dai quali i devoti traggono invece una gioia infinita.
Naturalmente, chi ha gli occhi per vedere Krishna Lo vedrà. Appena Chaitanya Mahaprabhu entrò nel tempio di Jagannath e vide la Divinità, esclamò, “Ecco il Mio Signore! Ecco il Mio Signore!” e perse immediatamente i sensi.
Quando arriveremo con la pratica del bhakti-yoga ad amare Krishna, Lo vedremo subito e ci sentiremo venir meno davanti a Lui: “Oh, ecco il mio Signore!” Chi non ha fede e cerca sempre di negare Krishna dirà invece: “Questo è un idolo. t solo un pezzo di pietra.”
Il desiderio di vedere Krishna e di parlarGli va nutrito costantemente. Lui non aspetta altro da noi. Nella Bhagavad-gita {10.10) leggiamo: “A chi si dedica al Mio servizio con amore, dò l’intelligenza necessaria per venire a Me.” Se vogliamo incontrare una personalità importante, dobbiamo qualificarci.
Non possiamo essere ricevuti dal capo dello Stato solo perché vogliamo interloquire con lui; dobbiamo seguire un protocollo. Krishna è sempre pronto a parlare con noi ed è a questo fine che scende nell’archa-murti, la Divinità, e Si rende visibile.
Per parlare con Lui dobbiamo solo maturare le qualifiche necessarie. I non-devoti, i mayavadi, il cui unico interesse è negare Dio, sostengono che Egli non ha occhi, gambe, mani, bocca e orecchi. In altre parole affermano che è cieco, sordo e invalido, quindi bestemmiano, Lo insultano, seppure indirettamente. Descrivendolo privo di occhi, mani e gambe, mirano a confutare la Sua esistenza, e questo non è certo un modo favorevole di parlare di Lui.
Se vogliamo parlare di Dio, dobbiamo consultare le Scritture vediche, che ci indicheranno come fare. Nella Brahma-samhita (5.29) si legge: “Krishna suona il flauto. I Suoi occhi sbocciano come i petali di un fiore di loto e il Suo capo è ornato da una piuma di pavone. La Sua forma è bellissima.” I mayavadi affermano che dobbiamo immaginare una forma di Dio, ma non la si può immaginare, perché la forma di Dio è reale. Riceviamo questa informazione dai Veda.
Quando Krishna era presente sulla Terra, rivelò la Sua forma e le Sue attività puramente trascendentali. Infatti, il Suo corpo è sac-cid-ananda vigraha, non ha niente in comune con la materia. Krishna scende quaggiù per allietare i devoti, sempre desiderosi di vederlo.
Questa è la Sua priorità, mentre uccidere i malvagi che li perseguitano è solo una missione secondaria. t nella natura delle persone demoniache tormentare i devoti.
In Occidente l’esempio è Gesù, che fu crocifisso perché predicava la coscienza di Dio. Anche Prahlad, un bimbo di cingue anni, rischiò di morire per mano del padre Hiranyakasipu,che non voleva sentirlo parlare di Krishna. Ci furono poi grandi demoni, come Pùtana, Aghasura , Bakasura e Kamsa, che cercarono di uccidere Krishna,ma furono annientati dalla Sua onnipotenza.
In questo mondo tutti sono più o meno asura, atei. Nel corso della predica bisogna imparare a tollerarli ed esprimersi in maniera tale che anch’essi diventino devoti. Avranno un beneficio se parliamo di Krishna in modo gradevole. Un altro nome di Krishna è Uttamasloka, perché le parole più belle sono dedicate a Lui. Non basta usare una terminologia qualsiasi.
Le Scritture vediche, la Bibbia e il Corano racchiudono inni stupendi, e sebbene i cristiani e i musulmani non adorino la Divinità, si rivolgono al Signore in preghiera. Anche questa è bhakti. Nove sono i metodi per adorare Krishna, e possiamo praticarli tutti o uno solo.
Per descrivere la Sua persona è bene usare parole scelte ed evitare di dire assurdità, come “non ha forma, testa, occhi” e via dicendo. Quando i Veda spiegano che Krishna non ha mani, ma può accettare le nostre offerte, intendono che non ha mani materiali. Se davvero non avesse le mani, come potrebbe accettare un’offerta da una distanza di miliardi di chilometri? Goloka Vrindavana è lontanissima, eppure Krishna accetta tutto ciò che Gli offriamo.
Affermando che non ha mani, i Veda rivelano quindi che le Sue mani sono sac-cid-ananda, trascendentali. Nel momento in cui riusciremo a capire la Sua forma, le Sue qualità e i Suoi divertimenti, ci qualificheremo per tornare da Lui, nella nostra dimora originale.
Meditare sulle forme trascendentali del Signore
verso 36 talf darsaniyavayavair udara
vilasa-hasekita-vama-suktaih
hrtatmano hrta-pranams ca bhaktir
anicchato me gatim anvim prayunkte
Vedendo le magnifiche forme del Signore, sorridenti e affascinanti, e ascoltando le Sue dolci parole, il puro devoto perde quasi coscienza di tutto il resto. Coi sensi liberi da ogni altro impegno, rimane assorto nel servizio devozionale e raggiunge così la liberazione senza neppure desiderarla o fare ulteriori sforzi.
I devoti si dividono in tre categorie, e anche quelli di terza categoria sono anime liberate, perché pur non avendo ancora una conoscenza completa, rimangono assorti nel Signore semplicemente contemplando gli splendidi ornamenti della murti nel tempio. Per essere liberati, anche se in modo impercettibile, basta quindi concentrare la propria mente su Krishna impiegando i sensi al Suo servizi0.
La Bhagavad-gita lo conferma: servire il Signore con devozione, secondo i dettami delle Scritture, è sufficiente per raggiungere il piano del Brahman. L’espressione esatta è brahma bhuyaya kalpate. Ciò significa che in quanto frammento del Brahman Supremo, l’essere individuale è in origine Brahman, ma poiché ha dimenticato la sua natura di eterno servitore del Signore, è stato sopraffatto e catturato da maya. In altre parole, è eternamente Brahman e l’oblio della sua vera posizione costituzionale è maya.
Quando veniamo educati a prendere coscienza della nostra posizione, capiamo di essere servitori del Signore. Il termine “Brahman” corrisponde a un livello di realizzazione spirituale. Anche il devoto di terza categoria, seppur non molto avanzato nella conoscenza della Verità Assoluta, è impercettibilmente liberato, perché offre con devozione i suoi omaggi al Signore, pensa a Lui, contempla la Sua forma sull’altare e Gli porge offerte di fiori e frutta.
Le murtidi Radha-Krishna, Lakshmi-Narayana o Sita Rama sono cosi affascinanti che guardando le Loro forme elegantemente decorate, i devoti si assorbono nella Divinità. Questa è liberazione. Il verso conferma perciò che anche il devoto di terza categoria è in una posizione trascendentale, al di sopra di chi si sforza di liberarsi col metodo speculativo o in altri modi.
Grandi saggi come Sukadeva Gosvami e i quattro Kumara, già liberati sul piano impersonale, diventarono devoti perché attratti dalla bellezza della murti del Signore nel tempio, dai Suoi magnifici ornamenti e dal profumo delle foglie di Tulasi offerte ai Suoi piedi.
Il termine vilasa si riferisce alle attività, ovvero ai passatempi del Signore, e riveste qui un’importanza particolare. L’adorazione del Signore esige infatti che non ci si limiti a visitare il tempio per contemplare la murti riccamente decorata, ma che si ascoltino lo Srimad-Bhagavatam, la Bhagavad-gita e altri Testi sacri, i quali vengono letti e cantati regolarmente nei luoghi di culto.
A Vrindavana, per esempio, è tradizione che in ogni tempio si recitino le Scritture; in questo modo anche i devoti di terza categoria, che non hanno alcuna conoscenza letteraria né il tempo di leggere lo Srimad-Bhagavatarn e la Bhagavad-gita, possono ascoltare i divertimenti del Signore. La loro mente resta quindi assorta nel pensiero della Sua forma, delle Sue attività e della Sua natura trascendentale. Tale stato di coscienza corrisponde al piano liberato.
Sri Chaitanya raccomanda cinque pratiche principali nel compimento del servizio devozionale : 1) cantare i santi nomi del Signore – Hare Krishna Hare Krishna, Krishna Krishna Hare Hare, Hare Rama Hare Rama, Rama Rama Hare Hare; 2) stare in compagnia dei devoti e fare del nostro meglio per servirli; 3) ascoltare lo Srimad Bhagavatam ; 4) ammirare la murti e il tempio decorati con cura; 5) vivere in un luogo santo come Mathura o Vrindavana.
Queste cinque pratiche possono, da sole, aiutare un devoto a raggiungere il più alto stadio di perfezione, come confermano sia la Bhagavad-gita sia ilverso in questione. Il fatto che anche un devoto di terza categoria possa conseguire la liberazione, sia pure in modo impercettibile, è riconosciuto in tutti i Testi vedici.
Per quanto riguarda la meditazione sull’archa-vigraha del Signore, occorre iniziare dai Suoi piedi di loto. Non dobbiamo guardare subito il Suo volto, ma prima i Suoi piedi, poi le gambe, la vita e il petto.
Contempleremo infine il Suo sorriso.Meditando così sulla forma, sul flauto, sulle mani e sull’abito di Krishna, sulla Sua amata $rimati Radharani e sulle altre gopi, che Lo colmano di attenzioni , godremo della Sua compagnia. La meditazione sul Signore è una pratica che dobbiamo coltivare, ed è proprio a questo fine che Egli appare davanti a noi come archa-vigraha.
I devoti di prima, seconda e terza categoria si chiamano rispettivamente uttama adhikari, madhyam-adhikari e kanistha-adhikari. L’uttama-adhikari è il più elevato, il madhyam-adhikari è situato al livello intermedio e il kanistha-adhikari è il neofita.
Ai neofiti si raccomanda di meditare ogni giorno sulla Divinità -partendo dai Suoi piedi di loto per giungere infine al Suo viso sorridente- e di leggere e ascoltare la Bhagavad-gita. Se un neofita prova a meditare senza ascoltare, i risultati che otterrà non saranno duraturi. In alcuni templi, anche se la murti è presente non si parla di Krishna, quindi la gente li frequenta per un po’, dopodiché l’entusiasmo si spegne.
L’adorazione della Divinità (pancha ratriki-vidhi) e la lettura della Bhagavad-gita e dello Srimad-Bhagavatam (bhagavat-vidhi) devono andare di pari passo. I neofiti che coltivano queste due attività possono raggiungere gradualmente il livello intermedio.
Il maestro spirituale è situato sul piano più alto, quello dell’uttama-adhikari, ma per predicare scende sul piano intermedio, perché il devoto di primo livello non fa distinzione tra devoti e non-devoti. Poiché è davvero molto avanzato spiritualmente, nella sua umiltà non si ritiene un devoto, ma considera devoti tutti gli altri.
Dal canto suo, il neofita è descritto nello Srimad-Bhagavatam (11.2.47) come segue: “Una persona che adora con fede la Divinità nel tempio, ma non ha il giusto comportamento con i devoti o con la gente in generale, è definito prakrita-bhakta ed è un kanistha adhikari.“
Il kanistha-adhikari si concentra solo sulla Divinità, e benché sia necessario, specialmente all’inizio del percorso spirituale, servire la murti secondo le ingiunzioni delle Scritture, per progredire bisogna anche curare i rapporti con gli altri.
Una volta raggiunto il piano del madhyam-adhikari, la visione cambia. Lo Srimad Bhagavatam (11.2.46) spiega: “Si definisce madhyam-adhikari il devoto che vede in Dio il supremo oggetto d’amore, fa amicizia con gli altri devoti, è misericordioso con le persone ignoranti ed evita la compagnia degli invidiosi.”
Il madhyam-adhikari non si cura solo della Divinità, ma sa anche distinguere i devoti dai non-devoti, e può capire chi è innocente e chi non lo è. Innocenti sono coloro che non sapendo ciò che va fatto e non avendo alcuna conoscenza di Dio, non si rendono conto delle offese che commettono.
C’è invece chi offende intenzionalmente ed è assalito dall’invidia appena sente parlare di Dio o dei Suoi rappresentanti. Il devoto di secondo livello sa che Krishna è Dio (krishnas tu bhagavan svayam) e vuole amarlo. Sta attento a non sprecare tempo prezioso e dedica ogni singolo attimo alla coscienza di Krishna.
Questa è la sua qualifica principale. La vita è breve e non sappiamo quando dovremo morire, non abbiamo alcuna certezza. La gente crede di poter vivere per sempre, ma è pura illusione. Questa vita è transitoria, perciò il madhyam-adhikari intende usare ogni secondo per avanzare nella coscienza di Krishna.
Prova un gusto speciale nel cantare il mantra Hare Krishna e gli piacerebbe vivere in luoghi come Vrindavana, Dvaraka e Mathura,dove Krishna ha vissuto. Naturalmente Krishna vive dappertutto, persino nell’atomo, ma poiché Vrindavana, Dvaraka e Mathura sono le Sue dimore preferite, i devoti vorrebbero abitare in questi luoghi.
L’.amore per Diosi coltiva con la pratica, e la fede è l’ingrediente essenziale, senza la quale non è possibile avanzare nella coscienza di Krishna. Questa fede nasce dall’aver letto la Bhagavad-gita e dall’averla compresa così com’è. Non possiamo aver fede in Krishna se non leggiamo ciò che Egli dice e non crediamo alle Sue parole, specialmente quando afferma: “Lascia ogni dharma, abbandonati a Me, e lo ti proteggerò.”
Se studiamo la Gita come un’opera letteraria e poi la dimentichiamo in un angolo, non diamo prova di alcuna fede. Krishnadas KaviraJ Gosvami spiega la fede con le seguenti parole: “Quando si serve Krishna con un amore trascendentale, ogni altro dovere è compiuto automaticamente. Questa fede ferma e sicura, favorevole allo svolgimento del servizio di devozione, si chiama sraddha.” (Chaitanya charitamrita, Madhya 22.62)
Nella Bhagavad-gita, Krishna non solo dichiara di essere una persona, ma Si definisce la Persona Suprema, e aggiunge che nessuno Gli è superiore. Se crediamo alle Sue parole, sboccerà in noi la fede. Gli impersonalisti leggono la Bhagavad gita ma non accettano che Krishna sia una persona, quindi, come spiega il Signore stesso nel dodicesimo capitolo dell’opera, devono affrontare enormi difficoltà prima di poterlo avvicinare.
Lo raggiungeranno comunque, ma dopo molto tempo, perché la concezione impersonale della Suprema Verità Assoluta è incompleta. Krishna dice infatti: “Per coloro la cui mente è attratta dal non-manifestato, dall’aspetto impersonale dell’Assoluto, il progresso si presenta irto di difficoltà, perché questa via si rivela sempre ardua per l’essere incarnato.” (Bhagavad-gita 12.5)
Abbiamo spesso paragonato l’impersonalismo alla capacità di percepire i raggi solari. Vediamo la luce del sole che entra nella nostra stanza, ma ciò non significa che vediamo ilsole nella sua totalità. Come il sole, la Verità Assoluta ha tre aspetti: la luce impersonale del Brahman (i raggi solari), la forma localizzata del Paramatma (l’astro solare) e la Persona Suprema, Bhagavan (il deva del sole). Possiamo comprendere i tre aspetti dell’Assoluto -Brahman, Paramatma e Bhagavan- proprio come comprendiamo i tre aspetti del sole -i raggi , l’astro e il deva del sole.
Gli impersonalisti considerano ti sole nient’altro che un globo infuocato, ma Krishna dice con chiarezza di aver insegnato la Bhagavad-gita al deva del sole, Vivasvan (Bhagavad-gita 4.1). Per noi è difficile concepire una personalità come il deva del sole perché ci sembra impossibile che qualcuno viva su un gigantesco astro di fuoco, ma dubitarne è sintomo di miopia. Il fatto che noi nori possiamo vivere nel fuoco non esclude che altri possano viverci. Non possiamo vivere nemmeno sott’acqua, eppure esistono innumerevoli creature acquatiche.
Il nostro pianeta è composto in gran parte di terra e i nostri corpi possono viverci perché si adattano a questo elemento. Ogni corpo è idoneo all’ambiente in cui vive, e il deva del sole ha un corpo che può vivere nel fuoco.
Krishna è sac-cid-ananda-vigraha: la forma dell’eternità, della conoscenza e della felicità. La concezione impersonale non va oltre sat, l’eternità, ma la piena comprensione di Krishna include anche cit, la conoscenza, e ananda, la felicità. L’aspetto ananda si realizza in Bhagavan: Krishna che suona il flauto ed è accompagnato dalla Sua potenza di piacere, hladini shakti, ovvero da Srimati Radharani.
Sebbene Krishna sia completo in Sé, desiderando godere Si espande nella Sua potenza di piacere, Radharani, che a sua volta si espande nelle gopi, e Lui stesso Si manifesta in forme diverse per gustare la dolcezza delle relazioni trascendentali (ananda-cinmaya rasa).
La realizzazione del Brahman è dunque la comprensione dell’aspetto sat della Ventà Assoluta, la realizzazione del Paramatma rivela il Suo aspetto cit e quella di Bhagavan l’aspetto ananda. Nel Vedanta-sutra si legge che l’Assoluta è anandamayo ‘bhyasat.
I divertimenti (lila) di Krishna sono sempre colmi di felicità trascendentale, specialmente a Vrindavana, la Sua dimora originale. E’ là che Krishna gioca con i Suoi amici pastorelli e danza con le Sue giovani amiche, le gopi, ed è sempre là che ruba il burro di madre Yasoda. A Vrindavana, ogni Sua attività esprime un aspetto della gioia trascendentale.
Grazie al servizio devozionale possiamo gradualmente ritrovare questa gioia. Contemplando la Divinità, realizziamo a poco a poco che Krishna sorride, suona il flauto e gode della compagnia di Srimati Radharani.Se intensifichiamo questa pratica, e nel contempo ascoltiamo le glorie di Krishna, diventeremo presto grandi devoti. Si tratta di un metodo scientifico, non immaginario. La gente pensa che sia idolatria, ma tutti i Testi vedici lo prescrivono ai fini dello sviluppo della coscienza di Dio.
Nello Srimad-Bhagavatam (2.9.3i) il Signore afferma: “La conoscenza della Mia persona, così come la spiegano le Scritture, è molto confidenziale e dev’essere coltivata unitamente alla pratica del servizio di devozione. Ascolta ora mentre ti rivelo ciò che serve per progredire su questa via.”
Krishna dice ad Auna nella Bhagavad-gita (i8.66) di averglirivelato la conoscenza più confidenziale perché tra loro c’è un legame di amicizia. Questa conoscenza
consiste semplicemente nell’arrendersi a Lui (sarva-dharman paritya jya mam ekam saranam vraja). La comprensione del Brahman è certamente confidenziale, quella del Paramatma lo è ancora di più, ma comprendere Krishna così com’è rappresenta la conoscenza più confidenziale in assoluto.
L’esperienza della bhakti è possibile quando la mente e i sensi sono assorti nella coscienza di Krishna. Non si tratta di sentimentalismo, ma di una pratica scientifica. Possiamo compiere svariate attività, ma la mente dev’essere fissa in Krishna. Anche mentre si occupa dei lavori domestici, una donna si tiene in ordine e ben pettinata; non trascura il proprio aspetto nonostante i molti impegni.
Analogamente, il devoto può svolgere numerose attività, ma non dimentica mai la forma trascendentale di Krishna. Questa è la perfezione.