Sri Caitanya Caritamrta Adi Lila Capitolo 7 Verso 106 e 107

Sri Caitanya in cinque aspetti

Sri Caitanya Caritamrta Adi Lila Capitolo 7 Verso 106 e 107

Caitanya Caritamrta Adi Lila Capitolo 7 Verso 106

prabhu kahe, vedanta-sutra isvara-vacana
vyasa-rupe kaila yaha sri-narayana

TRADUZIONE

Il Signore disse: “La filosofia del Vedanta consiste nelle parole pronunciate da Dio, la Persona Suprema, Narayana, nella forma di Vyasadeva.

SPIEGAZIONE

Il Vedanta-sutra, cioe’ l’insieme dei codici che rivelano il metodo per comprendere la conoscenza vedica, e’ la sintesi di tutta la conoscenza vedica. Esso ha inizio con l’espressione athato brahma-jijnasa (“ora e’ il momento di farsi domande sulla Verità Assoluta”). La forma di vita umana, in particolare, e’ destinata a questo scopo, perciò il Vedanta-sutra spiega in modo conciso qual e’ la missione umana. Ciò e’ confermato dalle parole del Vayu Purana e dello Skanda Purana, che definiscono il concetto di sutra nel modo seguente:

alpaksaram asandigdham
sara-vat visvato-mukham
astobham anavadyam ca
sutram sutra-vido viduh

“Sutra e’ un codice che esprime l’essenza di ogni conoscenza con un minimo di parole. Esso dev’essere universalmente applicabile e privo di difetti nella presentazione linguistica.” Chiunque abbia un pò di familiarità con i sutra deve aver sentito parlare del Vedanta-sutra, che e’ molto famoso tra gli studiosi con i seguenti, diversi nomi: 1) Brahma-sutra, 2) Sariraka, 3) Vyasa-sutra, 4) Badarayana-sutra 5) Uttara-mimamsa e 6) Vedanta-darsana.

Il Vedanta-sutra e’ suddiviso in quattro capitoli (adhyaya), e ogni capitolo ha quattro suddivisioni (pada). Il Vedanta-sutra può essere dunque chiamato sodasa-pada, ossia sedici divisioni di codici. L’argomento di ogni suddivisione e’ descritto in modo particolareggiato secondo cinque temi principali (detti adhikarana), e chiamati tecnicamente pratijna, hetu, udaharana, upanaya e nigamana.

Ogni tema dev’essere spiegato in riferimento al pratijna, una solenne dichiarazione dell’obiettivo della trattazione. La solenne dichiarazione che si trova all’inizio del Vedanta-sutra e’ athato brahma-jijnasa; essa indica che il libro fu scritto con lo scopo solennemente dichiarato di fare ricerche sulla Verità Assoluta.

Si devono anche esprimere le ragioni (hetu), citare esempi sui diversi fatti (udaharana), poi ci si deve avvicinare gradualmente alla comprensione del soggetto (upanaya) e infine il tutto dev’essere sostenuto da citazioni autorevoli desunte dagli sastra vedici (nigamana). Secondo Hemacandra, conosciuto anche come Kosakara, il compilatore di grandi dizionari, il Vedanta si riferisce al significato delle Upanisad, e di quella parte dei Veda detta Brahmana.

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Il professor Apte, nel suo dizionario, definisce la parte Brahmana dei Veda come la parte che stabilisce le regole per l’uso degli inni nei vari sacrifici e dà particolareggiate informazioni sulle loro origini, intervallate talvolta da lunghe descrizioni di leggende e storie. Essa si distingue dalla parte dei Veda conosciuta come mantra. Hemacandra diceva che il Vedanta-sutra e’ il supplemento dei Veda.

Veda significa “conoscenza” e anta “il fine”. In altre parole, la giusta comprensione dell’obiettivo supremo dei Veda e’ detta conoscenza del Vedanta. Questa conoscenza, così come e’ data nei codici del Vedanta-sutra, dev’essere convalidata dalle Upanisad. Secondo gli studiosi, esistono tre differenti fonti di conoscenza, definite prasthana-traya. Secondo questi studiosi, il Vedanta e’ una di queste fonti, perché presenta la conoscenza vedica sulla base della logica e di argomentazioni valide.

Nella Bhagavad-gita (13.5) il Signore dice, brahmasutra- padais caiva hetumadbhir viniscitaih: “La comprensione dello scopo supremo della vita e’ raggiunto nel Brahma-sutra con una logica impeccabile e argomenti validi che si riferiscono a causa ed effetto.” Per questa ragione, il Vedanta-sutra e’ conosciuto anche con il nome di nyaya-prasthana, mentre le Upanisad sono dette sruti-prasthana, e la Gita, il Mahabharata e i Purana sono detti smrti-prasthana.

Tutta la conoscenza scientifica della trascendenza dev’essere confermata da sruti, smrti e da una logica ferrea. E’ detto che sia la conoscenza vedica sia i supplementi vedici detti Satvatapancaratra emanarono dal respiro di Narayana, Dio, la Persona Suprema. I codici del Vedanta-sutra furono compilati da Srila Vyasadeva, la potente incarnazione di Sri Narayana, sebbene talvolta si dica che a compilarli fu un grande saggio di nome Apantaratama.

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Tuttavia, sia il Pancaratra sia il Vedantasutra esprimono le stesse conclusioni. Perciò Sri Caitanya Mahaprabhu conferma che non esiste divergenza tra i due, e dichiara che dal momento che il Vedanta-sutra fu compilato da Srila Vyasadeva, bisogna concludere che esso emanò dal respiro di Sri Narayana. Srila Bhaktisiddhanta Sarasvati Thakura spiega che al tempo in cui Vyasadeva compilava il Vedanta-sutra, certi grandi saggi contemporaneamente s’impegnavano in una simile impresa.

Questi santi erano Atreya Rsi, Asmarathya, Auòulomi, Karsnajini, Kasakrtsna, Jaimini e Badari. E’ detto inoltre, che anche Parasari e Karmandibhiksu discussero dei codici del Vedanta-sutra prima di Vyasadeva. Il Vedanta-sutra consta di quattro capitoli. I primi due capitoli parlano della relazione dell’essere individuale con Dio, la Persona Suprema, e questa e’ detta Sambandha-jnana, la conoscenza della relazione.

Il terzo capitolo spiega come si può agire nella propria relazione con Dio, la Persona Suprema; quest’aspetto e’ definito abhidheya-jnana. Sri Caitanya Mahaprabhu descrive la relazione dell’essere individuale con il Signore Supremo: jivera ‘svarupà haya krsnera ‘nitya-dasà, l’essere individuale e’ un eterno servitore del Signore Supremo. (C.c., Madhya 20.108) Per agire quindi in questa relazione bisogna compiere la sadhana-bhakti, cioe’ i doveri prescritti nell’ambito del servizio a Dio, la Persona Suprema.

Questo e’ l’abhidheya-jnana. Il quarto capitolo descrive i risultati di tale servizio devozionale (prayojana-jnana). Lo scopo supremo della vita consiste nel tornare a Dio, nella nostra dimora originale. Nel Vedantasutra questo scopo supremo e’ indicato dall’espressione anavrttih sabdat. Srila Vyasadeva, la potente manifestazione di Narayana, compilò il Vedantasutra, e per proteggerlo dai commenti privi di autorità compose personalmente lo Srimad-Bhagavatam su ordine del suo maestro spirituale, Narada Muni, come commento originale del Vedanta-sutra.

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Oltre allo Srimad-Bhagavatam, esistono altri commenti sul Vedanta-sutra composti da tutti i più grandi acarya vaisnava, e ognuno di essi descrive in modo molto esplicito il servizio devozionale al Signore. Solo coloro che seguono il commento di Sankara hanno parlato del Vedanta-sutra in un modo impersonale, senza fare riferimento alla Visnu-bhakti, il servizio devozionale al Signore, Visnu.

In generale la gente apprezza molto il Sariraka bhasya, il commento impersonalista sul Vedantasutra, ma tutti i commenti che non contengono il concetto di servizio devozionale a Sri Visnu devono essere considerati divergenti dall’obiettivo del Vedanta-sutra originale. In altre parole, Caitanya Mahaprabhu ha confermato definitivamente che i commenti (bhasya) scritti dagli acarya vaisnava sulla base del servizio devozionale a Sri Visnu contengono la vera spiegazione del Vedanta-sutra, e non il Sariraka-bhasya di Sankaracarya.

Lezione di Srila Prabhupada in italiano sulla Caitanya Caritamrta Capitolo 7 Verso 106 e 107

Tenuta a San Francisco il 13/2/1967

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