L’infallibile giustizia del Karma

Karma e Reincarnazione

L’infallibile giustizia del Karma

Anche se la parola “karma” fa ormai parte del linguaggio comune, solo poche persone ne comprendono tutte le implicazioni. Spesso considerato una sorta di castigo, il karma è in realtà un metodo didattico che ci consente d’imparare dai nostri errori, e il fatto che non ricordiamo gli errori delle vite passate non significa che non li abbiamo commessi. D’altra parte, occorre un notevole sforzo mnemonico anche solo per ricordare ciò che abbiamo fatto ieri a quest’ora!

“Perché proprio io! Che cosa ho fatto per meritarmi questo?” esclama offeso chi si sente ingiustamente colpito da un destino crudele. Perché le sventure colpiscono le brave persone è un quesito che può presentarsi alla nostra mente quando vediamo persone virtuose vittime di dolorose avversità.

Il “problema del male” è stato per secoli il tormento di teologi e pensatori occidentali. In sintesi il dilemma è: perché nel mondo esiste il male nonostante la presenza di un Dio onnipotente?

Le Scritture vediche forniscono una chiara spiegazione di questo problema e affermano che il male ci colpisce a causa delle nostre cattive azioni. Si chiama karma, ma quando la sofferenza che meritiamo ci raggiunge, abbiamo già dimenticato gli errori passati. Da qui lo sfogo indignato: “Perché proprio io?!”

IL KARMA NON È DEL TUTTO SCONOSCIUTO

Raffaele entra in casa e vede una brutta bruciatura sulla mano destra di suo padre. Impressionato grida: “Papà, cosa ti è successo?”

Una mattina di buon’ora la signora Carla chiama il medico di famiglia. “Dottore, mi fa molto male lo stomaco.” Il dottore chiede subito: “Che cos’ha mangiato a cena ieri sera?”

Renato ha difficoltà respiratorie. Dopo averlo visitato, il dottore chiede: “A che età ha cominciato a fumare?”

Questi semplici incidenti di tutti i giorni comportano l’accettazione di un’idea simile al concetto di karma. Vedendo un particolare effetto desideriamo conoscerne le cause. La legge del karma sancisce proprio questo: ad ogni azione corrisponde una reazione. È simile alla terza legge di Newton (che a livello fenomenico regola le cause e gli effetti), ma differisce da essa perché coinvolge non il livello fisico bensì piani più sottili, relativi a poteri superiori e alla giustizia cosmica. E come la legge di Newton non è un atto di fede ma un principio della fisica, così la legge del karma è un principio inerente a una scienza di dimensioni più elevate.

IL MISTERO DEL MONDO

Il karma è una spiegazione semplice, logica e soddisfacente delle sofferenze, ma spesso la nostra esperienza non sembra confermarla. Politici corrotti realizzano fortune senza essere puniti, criminali vivono come straricchi boss della malavita, loschi uomini d’affari guadagnano fortune in modo illecito, eppure vengono considerati uomini di successo dei nostri tempi. Viceversa, onesti sostenitori della verità sono messi in disparte, innocenti vengono puniti e l’uomo integro langue nella miseria. Dov’è la giustizia?

LA REINCARNAZIONE È ALLA BASE DI UNA GIUSTIZIA PERFETTA

Una parte essenziale nella spiegazione vedica delle apparenti contraddizioni del karma è la reincarnazione. Il primo punto da comprendere è che siamo eterni; la nostra esistenza non comincia con la nascita e non finisce con la morte. Nella Bhagavad-gita il Signore Supremo, Sri Krishna, dice che come una persona lascia gli abiti usati e vecchi per indossarne di nuovi, così noi anime lasciamo i vecchi corpi inutili e ne prendiamo di nuovi al momento della morte. Questa è la reincarnazione.

Noi anime, in quanto princìpi attivi dei corpi, siamo responsabili di tutte le nostre azioni, buone e cattive, perciò dobbiamo riceverne i frutti, in questa vita o in una successiva. Le sofferenze di una persona che appare virtuosa sono dunque il risultato di attività improprie compiute nelle vite precedenti. Viceversa, una persona corrotta può godere ora di una temporanea prosperità grazie alle buone azioni svolte nel passato.

Un’analogia può aiutare a chiarire il funzionamento della legge del karma. Nei villaggi i cereali sono spesso conservati in alti contenitori verticali; il cereale fresco viene versato in cima e quello conservato viene preso dal basso. Un agricoltore può aver prodotto una qualità scadente di cereale, diciamo di “pessima qualità”, negli ultimi quattro anni e averlo accumulato nel suo silo.

Quest’anno produce cereali di alta qualità, diciamo di “prima qualità”, e li pone in cima al silo. Resta quindi contrariato quando dal silo vede uscire il cereale di pessima qualità. Quest’esempio illustra come persone apparentemente innocenti debbano subire grandi sofferenze in questa vita. In realtà, soffrono per le conseguenze di azioni negative compiute nel passato.

LE BRAVE PERSONE POSSONO ESSERE COLPITE DALLE SVENTURE?

Ciò che rende difficile capire il meccanismo del karma è il fatto che la maggior parte della gente ha un karma né bianco né nero, ma con sfumature di grigio. Questo destino misto comporta reazioni che spesso appaiono ingiuste e arbitrarie.

Molti restano interdetti quando vedono che le avversità colpiscono le brave persone; se queste persone sono state davvero così malvagie nelle vite precedenti da meritare una dura punizione in questa vita, allora passando dalla vita precedente a quella attuale non avrebbero dovuto mantenere la loro natura inferiore? Se sono state così dedite al peccato nelle loro vite precedenti, come possono essere virtuose in questa vita?

Svariate sono le risposte. Spesso vediamo che anche persone rette cedono a volte alle tentazioni e compiono atti condannabili, ma essendo di natura virtuosa tornano rapidamente sulla giusta via. Nondimeno, il fatto che abbiano commesso una grave colpa rimane, pertanto sono soggette a una reazione.

Quella cattiva azione resta come una brutta macchia nera sul loro conto karmico, altrimenti pulito, e produrrà il suo effetto in una vita futura, che avrebbe potuto essere felice. Spostate questo scenario alla vita precedente e avrete la risposta alla domanda. La pesante sofferenza che colpisce una persona brava può quindi essere dovuta a un’occasionale ma grave trasgressione della vita precedente.

Inoltre, il comportamento che una persona manifesta nella vita presente non è determinato solo dalle tendenze derivanti dalle sue vite passate; l’educazione e l’ambiente di questa vita giocano anch’essi un ruolo significativo.

Se una persona con cattive inclinazioni nasce iri una buona famiglia grazie a un karma positivo, la sua buona educazione e l’ambiente possono spingerla a liberarsi dal suo bagaglio di tendenze negative. Allora, in questa vita può diventare una persona di buona moralità, ma le colpe delle vite precedenti la faranno soffrire nonostante l’integrità della sua condotta attuale.

L’infallibile giustizia del Karma

La maggior parte dei desideri e dei comportamenti riprovevoli si manifestano nell’adolescenza, quando la lussuria comincia a farsi sentire. Un bambino può sembrare innocente, ma avere una traccia karmica molto nera derivante dal passato, perciò le conseguenti tendenze peccaminose, sebbene forti, possono restare sopite in forma di seme nel suo cuore fino all’adolescenza.

A causa delle colpe pregresse, quella che appare come una creatura innocente può addirittura subire una traumatica penalizzazione, che sembrerà assolutamente ingiustificata dal punto di vista parziale e limitato di questa vita, ma che non è immeritata se prendiamo in considerazione il suo totale conto karmico.

Ovviamente, questo non assolve coloro che compiono abusi. Il fatto che il bambino debba soffrire non dà diritto a coloro che lo maltrattano di gestire la legge del karma con le loro mani. Anch’essi sono perseguibili per le loro azioni e dovranno soffrire duramente per aver maltrattato il bambino.

I princìpi della reincarnazione ci consentono di vedere la vita da un punto di vista più ampio, non dalla prospettiva di un’unica breve esistenza —un lampo nel tempo — ma dall’ottica dell’eternità. Grazie a questa visione più estesa possiamo capire che ciascuno di noi, anime spirituali, è l’unico responsabile del proprio destino. La comprensione di questo sistema di giustizia universale e infallibile è il fondamento di una pace durevole e di una vera felicità.

Lo scrittore W. Somerset Maugham ha pensato bene quando nel libro II filo del rasoio ha scritto: “Non vi è mai venuto in mente che la trasmigrazione potrebbe costituire un’immediata spiegazione e giustificazione dell’esistenza del male nel mondo? Se i mali di cui soffriamo sono il risultato di peccati commessi nelle nostre vite passate, possiamo tollerarli con pazienza sperando che le nostre vite future saranno meno intrise di sofferenza, a patto però che in questa vita ci sforziamo di essere virtuosi.”

L’IGNORANZA NON È UNA GIUSTIFICAZIONE

Negli argomenti finora trattati è implicita l’idea che alcune azioni sono sbagliate perché infrangono le leggi di Dio, e che compierle produce reazioni negative. Tuttavia, possiamo chiederci: “Se quando le ho compiute non sapevo che fossero sbagliate, perché ora devo soffrire?”

Nel tribunale della giustizia divina un essere umano non può proclamarsi innocente giustificandosi con l’ignoranza. Le leggi della natura sono imparziali e ineluttabili. Il fuoco brucia chiunque ci metta la mano sopra, anche se si tratta di un bambino inconsapevole.

Ascoltate il seguente racconto. Una volta, un viaggiatore che attraversava una foresta scorse una luce in lontananza. Quando la raggiunse vide con piacevole sorpresa un magnifico palazzo.

Poiché sembrava che intorno non ci fosse nessuno, si avventurò al suo interno e si ritrovò in un’elegante sala con mobili, divani e altre suppellettili di lusso. C’era anche un tavolo da pranzo imbandito con ogni sorta di vivande squisite. Non vedendo nessuno, mangiò, si rilassò sul divano e se la spassò.

Non bisogna essere grandi moralisti per capire che il viaggiatore non agiva bene. Tutte quelle belle cose non erano destinate al suo piacere. Anche se il proprietario non era al momento visibile, sarebbe stato dovere del viaggiatore cercarlo e agire in base alle regole che egli aveva stabilito per i visitatori. Il proprietario ha tutto il diritto di punire un trasgressore.

Il mondo in cui viviamo è come un palazzo: tutte le nostre necessità —aria, acqua, cibo, calore, luce e via dicendo— ci vengono fornite. Prima di usare questi doni ognuno dovrebbe interrogarsi sul costruttore e il proprietario del mondo — Dio— e sulle regole a cui Egli desidera che gli abitanti del mondo si conformino.

Agire senza questo fondamentale buon senso provoca disastri. Un essere umano non può disporre di tutto ciò che ha intorno, nuocere agli altri per il proprio interesse egoistico e poi chiedere l’immunità dalla legge del karma adducendo come scusa la propria ignoranza.

L’infallibile giustizia del Karma

La nostra ignoranza delle leggi del karma non è d’altronde casuale o arbitraria, ma è il risultato delle nostre passate attività colpevoli. Ignoriamo la legge del karma perché forse siamo nati in un contesto dove le opportunità e gli stimoli per conoscere Dio sono pochi o inesistenti, ma potremmo aver ottenuto questa nascita perché nella vita precedente abbiamo avuto l’opportunità d’interessarci a Dio e l’abbiamo sprecata. A causa della nostra scelta passata di evitare Dio, ora siamo nati in un ambiente privo delle facilitazioni necessarie per sentir parlare di Lui.

Dio, però, nonostante i nostri errori passati, non vuole vederci soffrire a causa dell’ignoranza. Per questo motivo ci dà le Scritture, veri e propri manuali di vita, e manda i Suoi devoti a diffondere la consapevolezza dei princìpi in esse contenuti.

Krishna spiega nella Bhagavad-gita 2.13 che la trasmigrazione dell’anima secondo le leggi del karma è facilmente comprensibile al saggio, il quale vede con gli occhi delle Scritture, ma è incomprensibile per l’illuso che resta confinato nella sua visione materialistica.

“Naturalmente io credo nel karma,” può dire qualcuno, “ma non voglio trovarmi implicato in dubbiosi concetti religiosi o settari come quello di Dio. Credo si debba essere buoni e fare del bene agli altri vivendo onestamente, senza far soffrire nessuno. Non merito di essere punito.”

A questo proposito c’è un altro racconto esplicativo. Una volta, una banda di ladri rapinò una banca e fuggì nella foresta, dove il capo si rivolse agli altri parlando con grande serietà: “Dobbiamo essere tutti onesti, veri gentiluomini. Cerchiamo quindi di non ingannarci l’un l’altro e dividiamo questo denaro tra noi in parti uguali.” Ovviamente quest’onestà tra ladri non ha alcun valore.

Noi non abbiamo creato neanche una delle cose presenti nel mondo in cui viviamo, neppure i corpi che abitiamo. L’Isopanisad (mantra 1) afferma: “Il Signore possiede e controlla tutto ciò che esiste in questo universo, l’animato e l’inanimato.” Quando rifiutiamo Dio, quando affermiamo che la Sua proprietà è nostra e decidiamo di essere “buoni” tra noi senza riconoscere la Sua presenza, in che cosa siamo migliori di quei ladri “onesti”? Agli occhi del governo universale siamo ladri e verremo puniti dall’inesorabile legge del karma.

La virtù senza Dio non ci salverà dalle reazioni karmiche. È dunque importante capire la definizione di peccato. Il peccato è più di un’attività che danneggia gli altri.

Bhaktivedanta Swami Prabhupada spiega che dal punto di vista assoluto, “la radice del peccato è la deliberata disobbedienza alle leggi della natura e nasce dal rifiuto di riconoscere la proprietà assoluta del Signore.” (Isopanishad, mantra 1, spiegaz.) Anche la virtù senza Dio è dunque occasione di peccato.

ALDI LÀ DEL KARMA

A questo punto si potrebbe concludere: “Va bene, imparerò tutti i comandamenti di Dio e li osserverò rigorosamente per garantirmi un futuro senza sofferenza.”

Bene, questo è più facile a dirsi che a farsi. Sono così tante le regole che è impossibile non trasgredirne qualcuna. Per esempio, Krishna non vuole che uccidiamo alcun essere vivente, ma basta camminare, guidare, masticare —in poche parole vivere— per uccidere germi, insetti e altre creature. Anche se riuscissimo a vivere una vita senza peccato, dovremmo comunque sopportare le inevitabili sofferenze dell’esistenza materiale: nascita e morte, vecchiaia e malattia.

Allora qual è la soluzione? Dobbiamo agire solo per Krishna sotto la guida di un maestro spirituale autentico. Questo comportamento non solo ci libera dalle reazioni karmiche, ma risveglia gradualmente il nostro innato amore per il Signore. Tutti noi siamo i Suoi amati figli, e quando impariamo ad amarLo diventiamo degni di vivere una vita eterna, illuminata e piena di gioia nella Sua dimora, il regno di Dio. Questo è il vero scopo della vita, non certo nascere, soffrire e morire ripetute volte nel mondo materiale.

Krishna conclude la Bhagavad-gita (18.65-66) incoraggiandoci a superare le comuni buone azioni per andare verso la devozione pura, e ci assicura che in questo modo non solo saremo liberi da tutte le reazioni negative, ma torneremo a Lui per vivere nella felicità eterna.

CONCLUSIONE

Nel corso di una vita il nostro corpo e la nostra psiche subiscono molte trasformazioni, ma il fattore essenziale che persiste in mezzo a tanti cambiamenti è la scintilla di natura spirituale che dà vita al corpo, cioè l’anima, che trasmigra invariata da un corpo all’altro. Questa trasmigrazione, causata dall’aver scelto di servire i propri desideri materiali e non i desideri di Krishna, si prolunga da tempo immemorabile, ma può terminare in questa vita stessa.

Che cosa può dunque salvarci dal karma e dalla reincarnazione? A questa domanda tutte le Scritture rivelate del mondo danno la stessa risposta: l’abbandono a Dio. Tuttavia, affinché quest’abbandono porti i frutti sperati, occorre innanzitutto affidarsi al Suo rappresentante, il maestro spirituale autentico, investito del potere di neutralizzare il karma e aiutare l’anima sincera a svincolarsi dal ciclo doloroso di nascite e morti.

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