Lo Yoga Del Saggio Kapila

Lo Yoga Del Saggio Kapila

Introduzione a lo Yoga Del Saggio Kapila

Kapiladeva è un celebre saggio dell’antichità ed è il fondatore del sistema filosofico noto come sankhya, pietra miliare nel patrimonio culturale dell’India. La sua dottrina esamina i princìpi elementari dell’universo materiale ed è anche un processo cognitivo spirituale che culmina nella piena coscienza dell’Assoluto grazie a una metodologia specifica.

Kapila non è però un filosofo o un saggio come gli altri;la tradizione che risale ai Veda Lo annovera tra gli avatara, espansioni della Suprema Verità Assoluta. I Suoi insegnamenti sono racchiusi nello Srimad Bhagavatam o Bhagavat Purana, uno dei Testi sacri più importanti della teologia vedica, e coprono ben nove capitoli del terzo Canto (dal 25 al 33).

Il presente libro, intitolato Lo yoga del saggio Kapila, si basa su una serie di conferenze tenute da Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada a Mumbai, in India, nella primavera del 1974.

Sebbene a quel tempo egli avesse già tradotto, commentato e pubblicato il Bhagavatam informa integrale e in un’edizione comprensiva di più volumi, durante queste lezioni spiegò gli insegnamenti di Kapiladeva con una ricchezza di particolari più ampia e rilevante, illuminandoli ulteriormente.

Lo Yoga Del Saggio Kapila

Il testo inizia con l’intervento di Saunaka Rishi, il più stimato tra i saggi di vasta conoscenza presenti a Naimisaranya (India), al quali fu trasmesso lo Srimad­ Bhagavatam alcune migliaia di anni fa. Suta Gosvami, grande maestro spirituale, aveva già parlato loro di Kapiladeva, e come si evince dalle parole di Saunaka, tutti consideravano questa personalità una manifestazione del Signore, quindi l’esponente più autorevole nel campo dello yoga e della spiritualità.

Nel raccontare la storia di Kapila, Suta Gosvami si conformò a1 princìpi vedici che regolano la presentazione della conoscenza trascendentale. Riportò dunque le parole di illustri maestri che avevano già trattato il medesimo argomento. Nel caso specifico, riferì una conversazione tra Vidura e il saggio Maitreya, un amico di Srila Vyasadeva, l’autore originale delle Scritture vediche.

Suta Gosvami spiegò che Kapiladeva era apparso in questo mondo come figlio di Kardama Muni, un potente yoghi mistico, e di sua moglie Devahuti. Sia Kardama Muni che Devahuti erano consapevoli della Sua natura divina, perché prima della Sua nascita, Brahma, l’essere creato più antico dell’universo, si era manifestato a Devahuti e le aveva detto che il figlio in arnvo sarebbe stato un avatara del Supremo, sceso per illuminarla con la conoscenza trascendentale.

Lo Yoga Del Saggio Kapila

Secondo la tradizione vedica, l’uomo che ha un figlio adulto può affidare la moglie alle sue cure e accettare il sannyasa, rinunciando così a ogni legame con la famiglia e alla vita materiale per progredire più agevolmente sul sentiero della spiritualità.

Kardama Muni sapeva che Kapila era un avatara del Supremo, ma per onorare la tradizione vedica e sottolinearne l’importanza, aveva comunque abbracciato l’ordine di rinuncia e lasciato Devahuti alle cure del loro figlio divino.

Quando Suta Gosvami si accinse a rispondere alla richiesta di Saunaka Rishi, che voleva sentire le glorie di Kapiladeva, i saggi presenti erano dunque già stati informati della partenza di Kardama Muni per la foresta.Dopo il distacco dal marito, Devahuti,ricordando le parole profetiche di Brahma, aveva avvicinato suo figlio e Gliaveva espresso con grande umiltà il proprio desiderio d’illuminazione spirituale:

“Signore, sono caduta nell’abisso dell’illusione e Tu sei la mia unica speranza di uscire da questa profonda oscurità, perché sei il mio occhio trascendentale, ottenuto dopo innumerevoli vite grazie alla Tua misericordia… Ti prego, abbiora la bontà di fugare la mia confusione…Tu sei l’ascia che può abbattere l’albero dell’esistenza materiale. Offro dunque imiei omaggi a Te, o sommo trascendentalista, e Ti chiedo di parlare della relazione tra uomo e donna, e tra spirito e materia.” (Srimad Bhagavatam 3.25.7-11)

Sri Kapila, soddisfatto del puro desiderio d’illuminazione che Sua madre aveva così manifestato, sentì per lei una compassione profonda e iniziò a esporle la filosofia del sankhya.

Che cos’è il sankhya?

Poiché tratta delle categorie degli elementi, ovvero dei principi che sottendono l’universo fisico, il sankhya è ciò che gli studiosi occidentali definiscono generalmente “metafisica”. Il significato letterale del termine è “contare” e indica lo scopo del sankhya: enumerare iprincipi dell’evoluzione cosmica mediante un’analisi razionale. Il suo significato etimologico è invece “spiegazione chiara attraverso l’esame degli elementi matenali”. In filosofia, il sankhya è un sistema che presenta la conoscenza analitica necessaria per distinguere la materia dallo spirito.

Questa comprensione culmina nella bhakti, la devozione e il servizio offerto al Supremo. Si può dire quindi che il sankhya e la bhakti rappresentano due aspetti dello stesso metodo, in quanto la bhakti è il traguardo finale, cioè la conclusione del sankhya.

Molto tempo dopo la discesa di Kapiladeva, nel subcontinente indiano apparve un altro Kapila, che volle imitarlo enunciando però un sankhya basato sull’ateismo. Quello che nell’odierno ambito accademico viene generalmente considerato sankhya è in realtà quest’analisi a posteriori, non teistica, cioè materialistica.

La filosofia esposta dal Kapila originale è praticamente sconosciuta in Occidente. “Lo yoga del saggio Kapila” (testo arricchito dal commento che Srila Prabhupada presenta nella sua edizione dello Srimad Bhagavatam) è con ogni probabilità il primo resoconto integrale del vero sankhya che l’Occidente conosca, e costituisce un documento di notevole interesse per gli studiosi.

Lo Yoga Del Saggio Kapila

Poiché la bhakti è il principio fondamentale e il traguardo del sankhya, è anche il primo insegnamento di Kapila Munì a Sua madre Devahuti. Ne consegue che il presente libro, formato dal commento di Srila Prabhupada alla parte iniziale degli insegnamenti di Kapila, tratta più che altro del bhakti-yoga, il metodo scientifico che ci ricollega a Dio attraverso la devozione (yoga significa “connettere, unire” e bhakti è la devozione).

Quando Devahuti avvicinò suo figlio e Gliesternò umilmente il proprio desiderio d’illuminazione, Kapiladeva le rispose definendo “la via dei trascendentalisti,coloro che s’interessano alla realizzazione spirituale” . Descrisse in sintesi la coscienza condizionata e quella liberata, la psicologia della coscienza pura, le caratteristiche di un sadhu (la persona santa), e sottolineò l’importanza della compagnia dei sadhu.

Spiegò inoltre che la liberazione precede la bhakti; se dunque si ottiene la bhakti, si ottiene automaticamente anche la liberazione. Chi pratica la bhakti, lo yoga della devozione,trascende i desideri materiali e supera infine l’oceano di nascite e morti.

Leggendo le pagine successive della narrazione contenuta nel terzo Canto dello Srimad Bhagavatam, scopriamo che Devahuti giunse alla piena illuminazione grazie all’ascolto e alla comprensione deisublimi insegnamenti filosofici del suo illustre figlio.

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