La trasmigrazione dell’anima dalla prospettiva scientifica

La trasmigrazione dell’anima dalla prospettiva scientifica
In Occidente il tema della reincarnazione non è mai stato analizzato scientificamente per mancanza di modelli formali o concetti teorici su cui impostarne lo studio.
Nondimeno, le sue implicazioni possono aiutarci a risolvere alcuni dei problemi più ostici e persistenti con cui le scienze biologiche si scontrano, primo fra tutti la natura e la definizione della vita. Basandoci sulla teologia vedica tentiamo dunque di fornire un quadro teorico da cui partire per un esame scientifico della reincarnazione.
Dimostreremo che questo nuovo modello esplicativo può far luce su fenomeni indecifrabili come l’origine della vita e l’immensa biodiversità, e costituire la base per la comprensione della nascita e della morte.
Dato che quasi tutto l’Occidente considera la reincarnazione un credo etnico o religioso, i ricercatori non si sono avvalsi delle sue implicazioni per risolvere i problemi più difficili della biologia, a cominciare dall’identificazione del fenomeno chiamato “vita”.
Sebbene gli anni recenti abbiano visto il proliferare di teorie sull’origine chimica della vita, sono troppe le domande a cui tali congetture non danno risposte sufficienti.
La trasmigrazione dell’anima dalla prospettiva scientifica
Nel corso dei secoli numerosi pensatori attenti e scrupolosi hanno sovente espresso l’idea che i sintomi della vita non sono descrivibili solo in termini materiali, e oggi molti esperti in vari campi del sapere dubitano della spiegazione vigente. In realtà, un’indagine filosofica nella natura della vita suggerisce fortemente la possibilità che ci sia vita prima della nascita e vita dopo la morte.
Proviamo quindi a studiare la reincarnazione dal punto di vista scientifico, perché tale studio potrebbe decodificare tutti quei fenomeni sottili che le teorie oggi universalmente accettate non sanno spiegare, come ad esempio la grande varietà degli organismi viventi, le capacità innate, chiaramente non acquisite dall’ambiente, e le esperienze di premorte.
Prima d’illustrare gli aspetti scientifici e teologici della reincarnazione, è bene però definire con chiarezza la natura della vita e la sua collocazione all’interno del cosmo.
Negli ultimi anni molti esponenti di varie discipline hanno mostrato un interesse sempre maggiore per lo studio della reincarnazione, ma affinché l’approccio a questo tema sia significativo, occorre innanzitutto sapere se la vita è una sostanza eterna che trascende il corpo fisico, fragile e caduco, o un semplice aggregato di molecole che si muovono secondo le leggi della fisica e della chimica.
Scienza e religione dissentono da sempre su questo punto, e noi cercheremo di risolvere il conflitto adottando un criterio che offre un quadro intellettualmente più appagante della vita in termini di esperienza e di percezione diretta della vita stessa.
L’APPROCCIO RIDUZIONISTA: GLI ATOMI E IL VUOTO
La scienza moderna tratta principalmente gli aspetti tangibili della natura. Affidandosi al metodo sperimentale basato su dati sensoriali limitati, persegue l’obiettivo di svelare le più recondite leggi naturali e di scoprire infine la causa originale del mondo percepibile.
Oggi, per lo più, gli scienziati credono che l’universo sia governato da cieche leggi fisiche e dal caso. Dicono che non esiste alcun progettista, alcun creatore, alcun Dio, non ravvisano alcuna intelligenza dietro la manifestazione cosmica. Fedeli a questa ipotesi, cercano di spiegare tutto, inclusa la vita, in termini d’interazione tra atomi e molecole, i soli elementi con cui la fisica e la chimica hanno familiarità.
I riduzionisti concludono quindi che non potendo descrivere la realtà, la religione non ha alcun valore pratico, e che la vita, come l’universo, va compresa in termini di molecole e nulla più. La conseguenza logica di questo modello molecolare della vita è che in ultima analisi l’esistenza umana non ha senso, non ha scopo e non prevede alcun traguardo, in quanto le molecole non hanno di per sé alcun significato o scopo intrinseco.
L’APPROCCIO TEISTICO: FEDE IN UN GRANDE PROGETTISTA
Coloro che scelgono invece l’approccio teistico evidenziano due aspetti del mondo che sembrano indicare l’esistenza di Dio. Il primo è il grande disegno che vediamo ovunque i nostri occhi si posano. Le precise dinamiche universali —dai giganteschi pianeti che ruotano intorno al sole ai piccolissimi elettroni che ruotano intorno al nucleo, dalla complessità dei sistemi circolatorio e nervoso presenti nel corpo umano alle venature di una foglia d’acero — testimoniano l’opera di un grande Progettista.
“Pensare che tutto sia avvenuto per caso,” dicono i teisti, ” è infantile quanto credere che un aereo sull’orizzonte sia spuntato dal mare. La ragione ci suggerisce che come un normale progetto presuppone un’intelligenza, così un grande progetto presuppone una grande intelligenza.”
Il secondo aspetto del mondo che sembra indicare l’esistenza di Dio è l’idea pressoché universalmente condivisa che la vita sottende valori elevati come l’amore, il senso del bene e del male, del bello e perfino della beatitudine spirituale.
Potrebbero mai personalità venerabili come Gesù Cristo, Maometto, Buddha, Sri Krishna e innumerevoli altri, che hanno donato al mondo profondi insegnamenti spirituali, essere dei poveri illusi o degli sciocchi iper emotivi?
“Certamente no,” dicono i teisti, “nella vita ci sono concetti e valori elevati che le scienze fisiche non possono spiegare, e c’è un Dio sotto la cui direzione ogni cosa funziona.”
QUALE APPROCCIO SPIEGA MEGLIO L’ORIGINE E LA NATURA DELLA VITA?
Lo scontro fra scienza e religione è in realtà uno scontro fra due sistemi di fede: gli scienziati credono nel caso, e i teisti in Dio. Dobbiamo ora decidere quale sistema ha la capacità di descrivere meglio il cosmo e la vita.
I riduzionisti insistono sul fatto che il motore primo dell’immenso universo non è che la legge del caso in concomitanza con i semplici princìpi causali della fisica e della chimica. Quest’idea, però, è in totale disaccordo con la nostra esperienza di vita.
Come reagiremmo, ad esempio, se qualcuno ci dicesse che una complicata rete informatica si è manifestata per caso, a prescindere dallo sforzo intelligente di un progettista, o che una metropoli come New York è sorta in modo del tutto casuale? Perché dunque asserire con insistenza che l’intero universo e la moltitudine di organismi che lo abitano sono frutto del caso?
Gli spiritualisti ritengono che il primo motore del cosmo sia la Persona Suprema —un Dio onnipotente e onnisciente. Questo approccio ha la prerogativa di far luce sugli aspetti più elevati della natura umana, come pure sul grande disegno universale. Riconosce altresì le limitazioni intellettive e percettive dell’uomo.
Qualunque persona riflessiva sa di avere facoltà sensoriali estremamente limitate, e di essere quindi soggetta a sbagliare e a illudersi. La storia della scienza abbonda di tesi fasulle (come ad esempio la teoria del flogisto 1 e quella della generazione spontanea 2), reclamizzate a suon di fanfara e accettate pressoché da tutti, ma pienamente confutate da indagini successive.
Infatti, accade spesso che i nuovi ritrovati tecnologici, come il microscopio elettronico e il radiotelescopio, forniscano nuove informazioni aprendo più ampie prospettive d’indagine e smantellando le teorie più accreditate.
Questa è la storia della scienza, perciò è del tutto ragionevole concludere che esiste un sapere superiore situato ben oltre la portata delle nostre capacità sensoriali —per quanto tecnologicamente amplificate— e che di per sé la scienza empirica non può dipanare il mistero delle origini della natura. Il premio Nobel statunitense Linus Pauling concorda: “Non credo ci sarà mai un tempo in cui avremo una comprensione completa della natura.”3
UN PRIMO PASSO NELLA SOLUZIONE DEL CONFLITTO TRA SCIENZA E RELIGIONE
Il conflitto tra scienza e religione nasce da un malinteso riguardante i fondamenti della conoscenza, la quale si divide in due categorie: conoscenza della materia inerte e conoscenza dello spirito, ossia della vita.
La scienza empirica si occupa solo della materia inerte e cerca di applicare questo tipo di conoscenza ai fenomeni della vita. Dimostreremo più avanti le numerose pecche di questo approccio. Einstein osservò: “Credo che l’odierna tendenza ad applicare gli assiomi della scienza alla vita umana non sia solo un errore madornale, ma abbia anche in sé qualcosa di riprovevole.”4 Inutile dire che i pensatori religiosi concorderebbero perfettamente.
In sintesi, dunque, la scienza tratta i fenomeni materiali, mentre la vera religione si occupa dei fenomeni che riguardano il sé interiore, lo spirito. Se ammettiamo che la conoscenza della materia è incapace di svelare le verità concernenti la realtà finale, non si ha alcun conflitto tra scienza e religione.
C’è addirittura chi ritiene complementari queste due discipline. Per esempio, Max Planck dichiarò che studiando il mondo con un approccio scientifico riusciva ad apprezzare ancor meglio le splendide opere del Creatore, come anche molti aspetti imperscrutabili della vita.
Era pienamente consapevole dei seri limiti della meccanica quantistica nel descrivere i processi vitali. 5 A tal proposito, il premio Nobel per la fisica Eugene Wigner disse: “La fisica quantistica non può descrivere la vita e la coscienza.” 6
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CHE COS’È LA VITA?
Basandosi su una montagna di dati di laboratorio, l’odierna teoria scientifica dominante postula che la vita è una reazione chimica coordinata. Tale assunto presuppone che le varie forme di vita oggi presenti sulla Terra siano state originate in un ambiente chimico molto antico, la famosa “zuppa primordiale”, e che si siano evolute per effetto del caso e di leggi meccaniche cieche operanti in un lunghissimo arco di tempo.
Il biologo evoluzionista Jacques Monod scrive quanto segue: “Soltanto il caso è all’origine di ogni novità, di ogni creazione nella biosfera 7. Il puro caso, libertà assoluta ma cieca, è alla radice dello stupefacente edificio evolutivo. Oggi questa nozione centrale della biologia non è più un’ipotesi fra le molte possibili, ma è la sola concepibile, l’unica in linea con i fatti osservati e dimostrati.”
Ecco in sintesi la teoria neo darwiniana 8, secondo cui nel corso del tempo l’azione di varie energie —i raggi ultravioletti provenienti dal sole, l’elettricità, la radiazione ionizzante 9 e il calore— avrebbe fatto sì che assemblandosi, delle molecole piccole e semplici formassero i bio-monomeri 10 (come ad esempio gli amminoacidi), i quali avrebbero a loro volta prodotto i bio-polimeri 11 (come ad esempio le proteine e gli acidi nucleici). Si presume che grazie alla giusta interazione, tali molecole si siano auto-organizzate fino a dar luogo alla vita.
Questa ipotesi, per quanto attraente, resterà solo un modello teorico fintanto che i suoi postulanti non riusciranno a produrre la vita in laboratorio mediante una serie di reazioni chimiche. Vediamo finora quali progressi sono stati fatti in tal senso.
Supponendo che l’atmosfera primordiale fosse di tipo riducente 12, il biochimico Stanley Miller fece passare una scarica elettrica attraverso una miscela gassosa di ammoniaca, vapore acqueo, anidride carbonica e idrogeno.
La reazione prodotta conteneva aldeidi 13, acido carbossilico e alcuni amminoacidi. Dato che gli amminoacidi sono gli elementi costitutivi delle molecole proteiche, che a loro volta sono i componenti fondamentali delle cellule viventi, l’esperimento di Miller è stato ritenuto una pietra miliare nella ricerca dell’origine abiotica 14 della vita.
Seguirono ulteriori test con sostanze reagenti diverse. Quando per esempio le semplici molecole di acido cianidrico [o cianuro d’idrogeno] erano sottoposte alla radiazione ultravioletta, venivano sintetizzati i costituenti basilari degli acidi nucleici (purina, adenina e guanina).
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In altri esperimenti, che simulavano la presunta atmosfera primordiale della Terra, venivano generate semplici molecole di formaldeide 15, le quali, subendo a loro volta svariate reazioni base-catalizzate 16, producevano gli innumerevoli zuccheri che sono oggi considerati i progenitori degli zuccheri biologici. L’azione della luce ultravioletta e della radiazione ionizzante su soluzioni di formaldeide producevano invece molecole di zucchero ribosio e desossiribosio, ambedue componenti degli acidi nucleici.
In altre parole, il sapere scientifico acquisito permette ormai di sintetizzare in laboratorio la maggior parte degli elementi chimici essenziali contenuti nella cellula vivente (inclusi i geni), e gli avanguardisti della microbiologia e della biochimica hanno provato in ogni modo possibile a creare un organismo vivente sintetico assemblando tutte le sostanze chimiche richieste.
Purtroppo, però, in questo aggregato non è visibile alcun sintomo vitale. Invece di darsi tanta pena per sintetizzare i componenti chimici, gli scienziati avrebbero potuto semplicemente isolare quelli necessari da un corpo già vivo e poi ricombinarli. Se la vita fosse davvero un aggregato molecolare, la si potrebbe creare in provetta assemblando gli ingredienti giusti, ma nessuno riesce a farlo. Esistono dunque motivi sufficienti per dubitare che la vita sia un processo chimico.
È senz’altro vero che negli ultimi decenni sono stati fatti numerosi progressi nel campo della biologia cellulare, della biologia molecolare e in quello della biochimica. La scoperta del codice genetico e di molti percorsi metabolici 17 nei sistemi viventi è il frutto di una ricerca operata da menti brillanti e dedicate.
Ma proprio a causa del grande successo scientifico e tecnologico avuto in tante aree dello scibile umano (medicina, agricoltura, scienza spaziale, ecc.), alcuni ricercatori euforici e curiosi sono tentati di credere che un giorno soddisferanno la loro più grande ambizione: sintetizzare la vita in provetta.
Riviste scientifiche e quotidiani di grande tiratura dichiarano spesso e volentieri che determinate composizioni molecolari potrebbero dar origine alla vita. Presentano, ad esempio, le goccioline coacervate di Oparin 18 e le microsfere protenoidi di Fox 19 come precursori della cellula vivente, ma uno sguardo ravvicinato a questi elementi mostra che si tratta di puri fenomeni fisico-chimici.
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Le goccioline coacervate vengono spiegate appieno dalla chimica delle micelle 20 e le microsfere protenoidi dalla chimica dei peptidi e dei polipeptidi 21.
In ultima analisi, dunque, nonostante le grandi scoperte scientifiche e gli importanti conseguimenti, la radiosa ed entusiastica speranza di capire la vita in termini molecolari sembra perdere terreno, e molti celebri scienziati che operano in vari campi iniziano a mettere in dubbio la validità di questa teoria.
Nel suo libro intitolato La biologia oggi, il premio Nobel per la chimica Albert Szent-Gyòrgyi ha scritto: “Cercando il segreto della vita sono finito tra atomi ed elettroni, che di vita non ne hanno. Da qualche parte lungo il percorso di ricerca la vita mi è scivolata tra le dita. Ora che sono vecchio sto quindi tornando sui miei passi…”
Non solo gli atomi, le molecole e gli elettroni mancano di sintomi vitali, ma la stessa concezione chimica della vita non corrisponde ai fenomeni sottili osservabili, quali ad esempio le facoltà uniche dell’uomo di pensare, sentire e volere. Se la vita fosse solo un’interazione di molecole, potremmo senz’altro spiegare in termini molecolari i suoi aspetti sottili.
Quale sarà mai il componente genetico o la molecola responsabile dell’amore, dell’amicizia e del rispetto tra le persone? Quale molecola o codice genetico ha prodotto le sfumature artistiche dell’Amleto o della Messa in Si minore di Bach? Può una visione meccanicistica spiegare la tendenza naturale dell’uomo a porsi dei valori e degli obiettivi? Il fatto che non esistano ingranaggi molecolari plausibili alla base degli aspetti sottili della vita giustifica ampiamente la tesi che la vita trascende sia la fisica che la chimica.
UN NUOVO PARADIGMA* DELLA VITA E DELLA VERITÀ ASSOLUTA
Se fosse dimostrato che la vita è un fenomeno del tutto materiale e transitorio, allora l’idea di un’esistenza passata e futura, quindi la questione stessa della reincarnazione, crollerebbe, ma come abbiamo appena visto, sussiste ogni motivo di credere che la vita trascenda la materia e non dipenda dalle leggi fisico-chimiche che la governano. Quello che ci occorre adesso, ai fini di uno studio scientifico della reincarnazione, è un nuovo paradigma capace di spiegare l’origine della vita, le sue caratteristiche e il suo comportamento nel mondo della materia.
Prima di esaminare questo nuovo paradigma scientifico sarebbe utile analizzare in breve la natura della Verità Assoluta. Come abbiamo già detto, secondo la scienza moderna la Verità Assoluta (definita “la causa prima di tutti i fenomeni”) sembra essere vagamente incorporata nelle leggi fisiche, cioè nelle leggi della natura.
In altre parole, la scienza moderna ipotizza un Assoluto cieco, impersonale e totalmente confinato nell’ambito dell’attrazione e della repulsione tra atomi e molecole. Ma se la natura fosse davvero una serie di particelle che si muovono secondo equazioni matematiche, col semplice ausilio di tali equazioni potremmo predire eventi come
* Il termine paradigma è stato recentemente introdotto nella sociologia e filosofia della scienza per indicare quel complesso di regole metodologiche, modelli esplicativi, criteri di soluzione di problemi che caratterizza una comunità di scienziati in una determinata fase dell’evoluzione storica della loro disciplina: a mutamenti di paradigma sarebbero in tal senso riconducibili le cosiddette “rivoluzioni scientifiche”. la nascita, la morte, le sciagure e via dicendo; potremmo di fatto capire la vita e le sue complessità —passate presenti e future— in termini matematici.
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In realtà, ogni pensatore attento, soprattutto uno scienziato, sa bene che l’approccio puramente matematico alla comprensione della vita è troppo riduttivo e altamente inadeguato. Il nuovo paradigma che proponiamo, e che spiega sia le complicate sottigliezze della vita sia il carattere apparentemente non fisico dell’Assoluto, poggia sulle basi scientifiche e teologiche dei Veda.
Secondo l’antica saggezza delineata nella Bhagavad-gita (testo fondamentale vedico), l’Assoluto è la Persona Suprema, dotata di suprema coscienza e intelligenza; in altre parole è l’Essere senziente al massimo grado.
Dall’Assoluto emanano due energie: l’energia inferiore, costituita di materia inerte, e l’energia superiore composta dagli esseri viventi, o atma, definiti superiori perché coscienti. La coscienza è infatti l’elemento cruciale che distingue la vita dalla materia.
Il comportamento della materia inerte è, almeno entro certi limiti, descrivibile in termini di attrazione e repulsione operanti a livello atomico, subatomico e molecolare, e tali forze sono a loro volta descrivibili con l’uso di semplici equazioni matematiche. Non esistono invece, come abbiamo già sottolineato, leggi matematiche capaci di delineare il fenomeno della vita e le sue variegate attività. La vita trascende quindi in modo evidente le leggi materiali, e secondo i Veda può essere definita “la particella essenziale non-fisica chiamata atma e caratterizzata dalla coscienza”.
Poiché la vita non è né fisica né chimica, non può essere governata dalle leggi matematiche che regolano la materia inerte. È ragionevole però supporre che esistano leggi diverse applicabili alla vita. Secondo la Bhagavad-gita, queste leggi naturali ma di ordine superiore includono il libero arbitrio (esamineremo più avanti il ruolo essenziale del libero arbitrio nel fenomeno della reincarnazione).
È ovvio che gli attuali strumenti e modelli scientifici non sono in grado di captare tali leggi naturali di ordine superiore, ma è possibile che la sperimentazione parapsicologica, oggi praticata in molti settori, riesca a fornire almeno qualche indizio sulla loro natura. C’è quindi ampio spazio per ulteriori ricerche nell’ambito della psicologia e della parapsicologia, due discipline che potrebbero aiutarci a capire la scienza della vita e le sue molteplici attività.
LE CARATTERISTICHE DELLA VITA (L’ATMA)
Gli esseri viventi (atma) sono innumerevoli e ciascuno possiede una certa misura di coscienza. Ogni atma risiede provvisoriamente in una forma biologica temporanea secondo il proprio stato di coscienza. La coscienza emana dall’atma, ma il suo livello di sviluppo dipende dall’interazione col tipo di corpo che l’atma occupa.
Il corpo materiale si compone di due strutture, Luna grossolana e l’altra sottile. La struttura sottile è costituita di mente, intelligenza e falso ego (o l’errata identificazione del proprio vero ego col corpo di materia). La struttura grossolana è invece fatta di energia materiale solida, liquida, radiante, gassosa ed eterea.
L’interazione dell’atma con le due strutture, grossolana e sottile, produce reazioni inconcepibilmente complesse, non riducibili alle dinamiche fisico-chimiche di una cellula vivente. Questo è il motivo per cui né la fisica né la chimica possono spiegare la differenza tra un corpo vivo e un corpo morto. In breve, quando l’atma lascia il corpo, questo diventa materia inerte, sebbene tutti i componenti chimici necessari per il funzionamento dell’organismo siano ancora presenti.
Le caratteristiche specifiche della scintilla vitale si possono sintetizzare come segue:
1. è l’energia superiore della Verità Assoluta;
2. esiste nella forma d’innumerevoli unità individuali di coscienza (atma);
3. è eterna, quindi mai creata o distrutta;
4. è incorruttibile, quindi sempre giovane;
5. è differente dal corpo (campo d’azione dell’atma), essendo colei che l’osserva e lo conosce;
6. è immutabile;
7. è luminosa in se stessa;
8. si espande in tutto il corpo sotto forma di coscienza;
Le suddette qualità della vita trascendono la sfera delle interazioni molecolari.
COSCIENZA E FORMA BIOLOGICA
Secondo i dati contenuti nei Veda, la biodiversità 22 scaturisce dall’interazione dei tre influssi della natura materiale (virtù, passione e ignoranza). Le forme biologiche sono paragonabili a residenze o appartamenti transitori di varie misure, fogge e colori, in cui l’eterno sé, ì’atma, abita per qualche tempo.
Tali forme, governate dai tre influssi di cui sopra, circoscrivono le qualità e le attività della coscienza entro parametri precisi, quindi un essere individuale che ha il corpo di una tigre desidera ruggire e uccidere altri animali per sfamarsi, mentre un essere che ha il corpo di un cigno desidera volare e scivolare con grazia sulla superficie di uno specchio d’acqua.
Anche nell’ambito di una stessa specie osserviamo differenze dovute all’interazione dei tre influssi materiali, e sebbene tutte le forme animali subiscano l’ignoranza, manifestano vari gradi di virtù e passione. La mucca, per esempio, è molto semplice e mite perché influenzata dalla virtù, mentre la ferocia dei leoni e delle tigri è sintomo di passione.
Il cammello è invece quasi completamente soggetto all’ignoranza. La famiglia degli uccelli include i cigni, nobili e aggraziati perché influenzati dalla virtù, i falchi, le aquile e i pavoni, dominati dalla passione, i corvi egli avvoltoi, succubi dell’ignoranza. Dunque, nonostante la somiglianza delle forme biologiche nell’ambito di una stessa specie, la coscienza e il comportamento dei singoli individui variano.
Esistono perciò milioni di forme in cui il sé eterno, l’anima o atma, risiede per qualche tempo manifestando una condotta che dipende dal condizionamento specifico esercitato sulla coscienza dai tre influssi materiali.
LA REINCARNAZIONE E IL CAMBIO DI CORPO
A questo punto sorge un interrogativo: che cosa determina la particolare forma biologica e il tipo di coscienza acquisiti da un essere vivente? La risposta presuppone un’indagine sui cambiamenti della forma e della coscienza che hanno luogo in una stessa vita.
Abbiamo già spiegato che forma biologica e coscienza sono interconnesse, perciò il corpo di un bambino e il suo grado di sviluppo cosciente da quelli di un ragazzo e di un adulto. In altre parole, man mano che il corpo cambia dall’infanzia alla vecchiaia, al suo interno l’atma attraversa differenti fasi di maturazione della coscienza.
Così, mentre la sua forma biologica varia, l’atma, ovvero il sé, resta immutato. La biologia lo conferma. Nel suo libro The Human Brain (Il cervello umano), John Pfeiffer scrive: “Il vostro corpo non contiene neanche una delle molecole che conteneva sette anni fa.”
Il passaggio dell’anima attraverso una serie di corpi nell’arco di una vita si può definire “reincarnazione interna o continua”, ed è verificabile con un po’ d’introspezione. Ma come avviene il passaggio dell’anima in un altro corpo all’istante della morte?
I resoconti disponibili nei testi sulla reincarnazione si fondano principalmente su dati sparsi riguardanti alcuni bambini che ricordano le loro vite precedenti. Benché questi ricordi diano un chiaro supporto alla teoria della trasmigrazione, non ci forniscono alcuna base scientifica su cui impostare lo studio di questo fenomeno, perché la stragrande maggioranza delle persone non ricorda le vite passate.
La trasmigrazione dell’anima dalla prospettiva scientifica
Dobbiamo quindi rivolgerci a una fonte più attendibile della nostra memoria confusa, e tutto sommato riteniamo che i Veda siano la migliore sorgente informativa per quanto concerne queste tematiche. Nella Bhagavad-gita, ad esempio, Sri Krishna spiega chiaramente la reincarnazione al Suo amico e devoto Arjuna: “Come s’indossa un abito nuovo dopo aver dismesso quello usato, così l’anima si riveste di un nuovo corpo dopo aver lasciato quello vecchio e ormai inutile.” (Bhagavad-gita 2.22) “Come l’anima incarnata passa, in questo corpo, dall’infanzia alla giovinezza e poi alla vecchiaia, così l’anima passa in un altro corpo all’istante della morte.” (Bhagavad-gita 2.13)
Krishna spiega inoltre che la mente è il meccanismo che sottende tutte queste trasmigrazioni: “Lo stato di coscienza di cui si conserva il ricordo all’istante di lasciare il corpo determina la condizione di esistenza futura.” (Bhagavad-gita 8.6)
L’anima nel corpo di un essere umano può quindi trasmigrare nel corpo di un animale, di un uccello, di un insetto, di una pianta e via dicendo, e questo viaggio del sé attraverso molteplici forme biologiche può essere definito “reincarnazione esterna o discontinua”.
Allo scopo d’illustrare come avviene la reincarnazione esterna, riportiamo brevemente la vita del re Bhàrata, una delle grandi personalità della storia vedica.
“Un giorno, mentre si bagnava nel fiume Gandaki, il re vide una cerva gravida avvicinarsi per bere. All’improvviso echeggiò nella foresta il ruggito di un leone, e la cerva, terrorizzata, partorì immediatamente per poi morire poco dopo. Il re, mosso a compassione per quel cerbiatto rimasto orfano, lo portò con sé e lo accudì con grande cura.
Gradualmente si affezionò moltissimo al piccolo animale, e pensando sempre a lui trascurava i suoi altri doveri. Il cerbiatto divenne così il suo compagno costante, tanto che un giorno, non vedendolo arrivare, il re si agitò e corse a cercarlo. Ansioso di ritrovarlo cadde in un dirupo e morì, ma poiché la sua mente era assorta nel pensiero del cerbiatto, nella vita successiva nacque dal grembo di una cerva.” (La storia del re Bhàrata è narrata in dettaglio nel capitolo otto, pag. 92)
La trasmigrazione dell’anima dalla prospettiva scientifica
Come già detto in precedenza, esiste un corpo sottile fatto di mente, intelligenza e falso ego (o ego apparente), e in entrambi i tipi di reincarnazione, interna ed esterna, l’anima è trasportata da questa struttura psichica sotto il controllo delle leggi del karma. Il termine sanscrito karma è definibile come “la funzione e l’attività dell’essere vivente nell’ambito del suo libero arbitrio e sotto il dominio dei tre influssi materiali in un certo lasso di tempo”.
Ogni azione che l’anima compie prevede una reazione commisurata. Se ad esempio una persona sostiene con generosità delle istituzioni educative, nella sua vita successiva potrebbe diventare molto ricca e ricevere un’eccellente educazione. D’altro canto, chi pratica un aborto o decide di abortire dovrà subire la stessa pena che ha inflitto.
Siamo giunti così alla definizione che i Veda ci forniscono della reincarnazione: il costante passaggio, sia interno che esterno, dell’anima da un corpo all’altro sotto la direzione delle rigide leggi che regolano il karma individuale.
EVOLUZIONE E REGRESSIONE DELLA COSCIENZA
Nell’ottica dell’evoluzione darwiniana, oggi definita evoluzione chimica, a evolvere è soltanto la morfologia di un organismo, ma i Testi vedici dicono esattamente il contrario: a evolversi non è il corpo ma la coscienza, e lo fa trasmigrando da un corpo all’altro.
Gli esseri che abitano forme biologiche inferiori a quella umana non violano mai le leggi della natura, perché nella loro condizione non hanno altra scelta che seguirle. Il loro cammino evolutivo è dunque rigorosamente unidirezionale: dalle forme meno coscienti a quelle in cui la coscienza è sempre più sviluppata. Ne consegue che microbi, piante, uccelli e mammiferi si evolvono tutti fino a raggiungere la forma umana, in cui la coscienza raggiunge il suo pieno sviluppo.
Ogni anima può quindi usare il proprio libero arbitrio per ribellarsi con ostinazione alle leggi naturali 0 armonizzarsi con esse. In altre parole, può scegliere di elevarsi a un piano più alto di coscienza 0 regredire a un livello più basso.
Nella forma umana l’anima può, se lo desidera, uscire dal ciclo continuo della trasmigrazione, ma deve usare bene il suo libero arbitrio, perché se lo usa male può tornare nelle specie inferiori. Questo declassamento si chiama regressione della coscienza, e una persona intelligente farà di tutto per evitarlo.
L’eterna saggezza dei Veda c’insegna che il fine di ogni conoscenza è liberarci dal ciclo ripetuto di nascite e morti. L’apparato intellettivo delle forme biologiche inferiori a quella umana non è abbastanza sviluppato da consentire l’autorealizzazione, ed è per questo motivo che il Vedanta-sutra dichiara: “Chi ha ottenuto la forma umana deve interrogarsi sulla natura della Verità Assoluta.”
Dobbiamo porci domande essenziali come “chi sono?”, “da dove vengo?”, “che scopo ha la mia vita?”, cercare le risposte e studiare in profondità l’argomento. Questo è l’inizio del percorso di autorealizzazione.
BHAKTI-YOGA: IL METODO PER SPEZZARE LE CATENE DELLA NASCITA E DELLA MORTE
Il metodo di studio sistematico del sé si chiama bhakti-yoga, un termine sanscrito che significa “disciplina spirituale grazie a cui ci si connette all’Assoluto, la Persona Suprema, in una relazione d’amore.” Alla base di questa pratica vige un criterio indispensabile: per ricevere una conoscenza accurata della Verità Assoluta bisogna educare la mente affinché riesca ad assimilare gli insegnamenti che discendono da una fonte superiore.
Abbiamo già spiegato che il nostro nuovo paradigma scientifico descrive l’Assoluto come l’Essere senziente per eccellenza, e tutto il resto —materia, sopravvivenza, sapere mondano, ecc.— come una contaminazione degli influssi inferiori della natura materiale. Una delle impurità peggiori è l’orgoglio, che ci spinge a credere di poter capire tutto col metodo sperimentale. Occorre liberarsene e controllare la mente armonizzandola con la natura.
Per educare la mente è necessario praticare alcune discipline specifiche, prima fra tutte l’ascolto di speciali vibrazioni sonore definite mantra 0 “suoni che liberano la mente”. I Veda raccomandano in particolare il mantra
HARE KRISHNA HARE KRISHNA KRISHNA KRISHNA HARE HARE HARERAMA HARE RAMA RAMA RAMA HARE HARE
Il canto regolare di questo mantra è il sistema più efficace per purificare la mente da qualsiasi influsso di natura inferiore.
Come l’oro appena estratto da una miniera è grezzo ma può essere raffinato con un processo chimico, la mente condizionata dagli influssi materiali è sporca ma può essere liberata da ogni impurità col canto del mantra Hare Krishna.
La graduale purificazione della coscienza ottenuta con questo metodo sublime ci consente di realizzare la nostra vera identità di anime trascendentali alla materia e ai suoi condizionamenti. Giunti a questo stadio non c’identifichiamo più con il corpo, grossolano e sottile, ma ci situiamo nella coscienza divina, la coscienza di Krishna, liberandoci definitivamente dal ciclo della reincarnazione.
NOTE
1. Ipotetico costituente (secondo una teoria chimica introdotta alla fine del sec. XVII da G. E. Stahl) di tutti i corpi combustibili che si libera da essi durante le reazioni di combustione e riduzione.
2. Teoria secondo cui si generano organismi viventi da materia non vivente.
3. Journal of Chemical education, voi. 53 (1976), pag.475.
4. Max Planck, Where is Science going? Traduzione di James Murphy (New York: W.W. Norton & Co. 1932), pag.209.
5. Ibidem.
6. Durante il convegno dell’Associazione Americana per l’Avanzamento della Scienza (AAAS), tenutosi a Houston nel gennaio del 1979, nella sessione intitolata “Coscienza e scienze fisiche”, al professor Wigner venne posta la seguente domanda: “Molti eminenti biologi molecolari138 Karma & Reincarnazione
affermano in vari testi di biologia che i processi vitali possono essere compresi in termini quantistici. Qual è la sua opinione?” Il professor Wigner rispose: “I biologi molecolari non conoscono la fisica quantistica. Non c’è fisica quantistica che possa descrivere la vita e la coscienza.”
7. Insieme degli ambienti fisici, o ecosistemi, della Terra.
8. Teoria evoluzionista secondo cui le specie si modificano gradualmente per l’accumulo di mutazioni genetiche.
9. Radiazioni dotate di sufficiente energia da sottrarre elettroni agli atomi con cui interagiscono.
10. Molecola semplice.
11. Macromolecola, o molecola complessa, costituita da numerosi gruppi molecolari.
12. Atmosfera priva di ossigeno e ricca di ammoniaca e metano.
13. Composto organico prodotto in natura nei processi di fermentazione degli zuccheri.
14. Da A (non) Bios (vita). A-biotico significa “derivante dalla non-vita”.
15. La più semplice delle aldeidi (molecole semplici).
16. Reazione chimica che porta a un equilibrio dinamico tra gli elementi chimici di base e quelli reagenti, cosicché vengono annullati i cambiamenti.
17. Vie metaboliche in cui, attraverso una serie di passaggi, una sostanza chimica si trasforma gradualmente in un’altra per l’azione di vari enzimi.
18. Aggregazioni sferiche di molecole lipidiche (di grasso).
19. Considerate possibili precursori della cellula procariote (cellula il cui nucleo è privo di membrana), sono prodotte dall’aggregazione di amminoacidi.
20. Aggregati colloidali (vischiosi, gelatinosi) di molecole.
21. I peptidi sono composti chimici costituiti da una catena variabile di amminoacidi. I polipeptidi sono catene di peptidi che si formano in seguito alla scissione parziale delle proteine.
22. Varietà delle specie viventi.
L’autore dell’articolo, Svampa Damodara Gosvami (Dr. Thoudam D. Singh 1937-2006), si laureò in chimica e conseguì il dottorato in biochimica presso l’Università della California. Dal 7976 fu il coordinatore mondiale delle attività del Bhaktivedanta Institute, che promuove lo studio della natura e dell’origine della vita utilizzando la concezione vedica della coscienza, del sé e della creazione universale.
Svolse un ruolo pionieristico nel “favorire nel mondo il dialogo sulla sintesi tra scienza e spiritualità”. Scrisse e pubblicò numerosi libri, e organizzò un significativo numero di conferenze e congressi internazionali a cui parteciparono illustri scienziati e capi religiosi, inclusi molti premi Nobel.