Lo Yoga Del Saggio Kapila
Prendere rifugio in Krishna – il maestro supremo

Prendere rifugio in Krishna – il maestro supremo
verso 41 nanyatra mad-bhagavata, pradhana-puru sesvarat
atmanah sarva-bhutanam, bhayam tivram nivartate
Chi non cerca rifugio in Me non potrà mai liberarsi dalla terribile paura della nascita e della morte, perché lo sono Dio, la Persona onnipotente e sovrana, fonte originale di ogni creazione e Anima di tutte le anime.
Il verso spiega che non si può mettere fine al ciclo di nascite e morti se non si è puri devoti del Signore. La nascita e la morte si superano infatti solo col Suo favore. Possiamo cercare di capire la Verità Assoluta coi nostri sensi imperfetti, cioè mediante la speculazione, o tentare di realizzare il sé con la pratica dell’astanga-yoga, ma in un caso come nell’altro, se non arriviamo al punto di abbandonarci alla Persona Suprema, nessuna di queste due vie ci condurrà alla liberazione.
Potremmo chiederci allora se sottoporsi a penitenze e austerità seguendo una disciplina molto rigorosa non sia uno sforzo inutile. Lo Srimad-Bhagavatam (10.2.32) risponde, ye ‘nye ‘ravindaksha vimukta-maninah. Con queste parole Brahma e altri esseri celesti (deva) pregano Krishna poco prima del Suo avvento: “Caro Signore dagli occhi di loto, molti si riempiono d’orgoglio al pensiero di aver raggiunto la liberazione, di essere diventati tutt’uno con Te, o addirittura Te, mediante severe penitenze e austerità, ma non sono affatto intelligenti.”
In altre parole, la loro intelligenza, grande o piccola che sia, non si è ancora purificata. Quando l’intelligenza è pura, si pensa solo ad abbandonarsi al Signore. La Bhagavad-gita (7.19) afferma che tale buon senso si risveglia nella persona che ha sviluppato saggezza: bahunam janmanam ante jnanavan mam pra padyate. Chi nel corso di numerose vite ha coltivato la vera intelligenza si arrende al Supremo.
Non c’è liberazione senza sottomissione. Lo Srimad-Bhagavatam dice a questo riguardo: “Coloro che si gonfiano d’orgoglio credendo di essersi liberati dopo aver seguito varie pratiche non devozionali, sono privi di senno, perché non si sono ancora abbandonati a Te. Nonostante abbiano compiuto ogni sorta di austerità e siano giunti alla soglia della realizzazione spirituale entrando nella luce del Brahman, cadono di nuovo sul piano dell’azione materiale, perché non svolgono alcuna attività trascendentale.”
Non dobbiamo accontentarci di sapere che siamo brahman, spirito, perché la nostra conoscenza resterà teorica se non realizziamo la nostra identità di eterni servitori del Signore. L’occupazione del brahman dev’essere il servizio al Parabrahman: questa è bhakti. Occorre capire e nel contempo servire con devozione; soltanto allora si raggiungerà il piano del Brahman. Diversamente, la caduta è certa.
Lo Srimad-Bhagavatam spiega che trascurando il servizio ai piedi di loto del Signore, i non-devoti perdono l’occasione di purificare la loro intelligenza e di conseguenza cadono.
L’essere vivente non può fare a meno di svolgere qualche attività, e se non agisce sul piano spirituale dovrà scendere sul piano dell’azione materiale. Appena cade, non può più sfuggire al ciclo di nascite e morti.
Nel verso Kapila spiega che il Signore è Bhagavan a indicare che possiede ogni perfezione ed è quindi pienamente qualificato per liberarci dal ciclo di nascite e morti.
è conosciuto anche come pradhana, perché è il Supremo. Equanime con tutti, ha una predilezione verso chi si abbandona a Lui. La Bha9avad-gita conferma la Sua equanimità spiegando che Egli non invidia né favorisce alcuno. Nondimeno, ha una propensione speciale verso chi si arrende a Lui, ed è arrendendoci che possiamo sfuggire, per la Sua grazia, al ciclo di nascite e morti. In caso contrario, siamo liberi di nascere e morire innumerevoli volte in questo mondo e fare altrettanti tentativi di liberazione percorrendo strade diverse.
Al momento siamo così sciocchi e ottusi che non sappiamo neanche riconoscere bhayam e tivram. La parola tivram significa “terribile” e bhayam indica una grande paura. Siamo prigionieri di una paura terribile, ma maya è abbastanza potente da inebetirci al punto che lo dimentichiamo.
Quando sopraggiunge la morte ci troviamo in balìa di grandi sofferenze e veniamo attanagliati dalla paura. C’è chi entra in coma e nessuno sa quali esperienze abbia in tale stato d’incoscienza: forse ha degli incubi, forse piange, ma non può esprimersi.
Chi ha condotto una vita particolarmente dissoluta muore così. Dopo la morte, l’anima dovrà entrare nell’utero di un’altra madre e anche questa è una condizione spaventosa, perché significa restare chiusi per vari mesi in una sacca senz’aria, piena di urina ed escrementi. Si tratta senza dubbio di una circostanza terribile, che però abbiamo completamente dimenticato.Nella Bhagavad gita Krishna ci ricorda che inostri veri problemi sono janma e mrityu, nascita e morte.
L’anima chiusa nell’utero senza potersi muovere prega il Signore così: “Mio Dio, Ti supplico, liberami da questa condizione orribile. Se lo farai, Ti adorerò.” Dopo nove mesi vede finalmente la luce, ma i suoi guai non sono finiti, perché deve adattarsi alla nuova atmosfera. Può solo piangere e dipendere totalmente dalla misericordia della madre, che a volte non riesce a capire le sue necessità. Per esempio, il neonato è stato punto da un insetto e lei pensa che abbia fame.
Ci sono insetti, vermi, zanzare, urina, feci e molto altro a tormentare il corpo del bambino. Crediamo di aver fatto grandi progressi, e benché siamo costantemente sotto attacco, chiudiamo gli occhi di fronte alla nascita, alla malattia, alla vecchiaia e alla morte. Gli atei vogliono dimenticare queste sofferenze, quindi preferiscono pensare che non ci sia vita dopo la morte. Sono come gli struzzi, che nascondono la testa sotto la sabbia quando un predatore si avvicina.
Anche se nel grembo materno un individuo promette di adorare Krishna, una volta fuori non mantiene la promessa. Nasce, cresce, cerca di avere un lauto conto in banca, si sposa, ha dei figli e pensa di essere felice. Non si rende conto che la realtà è ben diversa e che nonostante alcune comodità transitorie, il suo problema più importante rimane irrisolto. Ad ogni istante c’è gente che muore, ma chi sopravvive crede che non morirà; vede perire gli amici, ma si pensa immortale.
Yudhisthir Maharaj dice che questa è la cosa più sconcertante al mondo. Pur assistendo ogni giorno alla morte degli altri, ognuno di noi pensa di non dover morire.
L’essere individuale si crede felice in qualsiasi corpo. Anche quando prende la forma di un cane o di un gatto si sente appagato e non vuole perderla. Ecco la grande illusione. Quando una formica vede un pericolo, scappa a tutta velocità, perché vuole preservare il proprio corpo. Una volta, lndra, il re dei pianeti celesti, fu maledetto da Brihaspati a diventare un maiale.
Entrato nel suo nuovo corpo, cercò di trarne il massimo godimento, finché un giorno Brahma andò da lui e disse: “Caro lndra, hai sofferto abbastanza. Ora torna con me al tuo regno celeste.” lndra replicò: “No, ho una famiglia e dei figli. Come potrei andarmene? Quaggiù sono felice e voglio restarci.”
Tutti pensano di essere felici anche nelle peggioricondizioni. Una persona davvero intelligente capisce che in realtà questa gioia è dolore. La famosa “beata ignoranza”, è la beatitudine dei maiali. Quando infine si arriva a comprendere di non poter essere felici in questo mondo, inizia la fase di superamento della sofferenza.
È impossibile liberarsi dalla sofferenza senza prendere rifugio ai piedi di loto di Krishna. Le persone credono di limitare i problemi con l’aborto, ma uccidendo il bambino nel grembo, commettono una serie di peccati che le incatenano sempre di più. Il bambino ucciso dovrà entrare nel grembo di un’altra madre per ottenere la nascita che gli è destinata, ma potrebbe essere ucciso di nuovo e non vedere la luce ancora per molto tempo.
Nel Kali-yuga la gente si degrada a tal punto che a meno di volgersi verso la coscienza di Krishna, non ha alcuna speranza di salvezza. L’intera civiltà umana precipita nell’illusione di maya come una falena che si getta nel fuoco. Se accendiamo un bel falò, le falene verranno anche da molto lontano per lanciarsi tra le fiamme e restarvi incenerite. È così che si muore e si rinasce per poi soffrire e morire di nuovo.
Krishna e i Suoi devoti sono così buoni e compassionevoli che si rattristano davanti alle angosce del mondo. Krishna è il padre di tutti, e assistere alle tribolazioni dei Suoi figli Lo rende infelice. Viene quindi a pregarci: “Perché vi lasciate abbagliare da questa gioia falsa e illusoria? Abbandonatevi a Me e allevierò le vostre pene. Allora vivrete per sempre felici, non vi mancherà niente e nulla potrà turbarvi.” Ecco perché Krishna viene tra noi.
Questa è l’unica ragione della Sua discesa; tutto il resto è compiuto dalla Sua energia, la prakriti. Sempre e solo per compassione Egli scende a volte nella Sua forma originale, a volte manda un Suo avatara, come ad esempio Kapiladeva, oppure invia un Suo rappresentante a risvegliarci e a ricordarci che se vogliamo essere felici dobbiamo prendere rifugio in Lui.
Krishna scende una volta ogni giorno di Brahma, e anche i Suoi avatara scendono per educare gli sciocchi che pensano di vivere beati su questa Terra. Kapiladeva ha il compito specifico di esporre la filosofia del sankhya, la pura devozione per Dio. Nel verso Egli dice che se non si prende rifugio in Krishna, si è condannati a nascere e a morire. Non c’è altro modo di salvarsi. Ci troviamo tutti in una brutta situazione, ma non ce ne rendiamo conto.
Soggetti all’incantesimo di maya, crediamo di essere felici, ma la realtà è ben diversa. Se vogliamo scampare a questa condizione pericolosa, dobbiamo abbandonarci a Dio e ritrovare il nostro legame con Lui in quanto Suoi eterni servitori. Non dobbiamo pensare stupidamente di poterlo uguagliare. Questa è un’assurdità. La conoscenza inizia quando capiamo di essere figli e servitori di Krishna. Non c’è differenza tra un figlio e un servitore: il figlio serve il padre come il servitore serve il padrone.
Esiste un legame affettivo tra il padrone e il servitore come tra il padre e il figlio. Anche il padre serve il figlio in vari modi; la relazione è reciproca. Chaitanya Mahaprabhu identifica perciò la nostra posizione costituzionale (svarupa) con quella di servitori eterni.
L’uomo crede artificialmente di non essere il servitore di nessuno. “Sono diventato Dio”, dice. In questo mondo servire qualcuno non è mai piacevole, perciò tendiamo a pensare che anche il servizio a Dio sia altrettanto spiacevole. Tale malinteso è dovuto all’influsso della materia. Pensiamo che servire Krishna sia come servire un umano qualsiasi, ma nel mondo spirituale il servitore e il servito si equivalgono.
Per esempio, il guru è il servitore di Krishna, ma non è considerato diverso da Lui: “Il maestro spirituale dev’essere onorato come Dio, perché è il Suo servitore più confidenziale. Questa verità è sancita nelle Scritture rivelate e riconosciuta da tutte le autorità in campo spirituale. Offro dunque i miei rispettosi omaggi ai piedi di loto del maestro spirituale, il rappresentante autentico di Sri Hari [Krishna].” (Gurv-astaka 7}
Questa è la conclusione di tutte le Sritture (shastra). Il guru non dirà mai “sono Krishna, sono Bhagavan”, perché si considera il più umile servitore dei servitori di Dio. Servire Dio direttamente è impossibile; occorre in primo luogo servire i Suoi servitori. Il guru è il servitore di Krishna e servirlo ci riporta alla nostra vera natura. Chaitanya Mahaprabhu prega dunque: “O figlio di Nanda Maharaj, sono il Tuo eterno servitore, ma in un modo o nell’altro sono caduto nell’oceano di nascite e morti.” (Sikshastaka 5)
Chaitanya Mahaprabhu chiama Sri Krishna “figlio di Nanda Maharaj”. Krishna è Dio, ma è molto contento quando ci si rivolge a Lui ricordando o come il figlio di Vasudeva, di Yasoda o di Maharaj Nanda. Gli piace essere chiamato Yasoda-nandana, Nanda-nandana, Vasudeva-nandana, Radhika-ramana e così via, perché sono tutti nomi che si riferiscono al Suo legame con i puri devoti.
Chaitanya Si rivolge dunque al Signore dicendoGli che pur essendo il Suo eterno servitore, per qualche motivo è caduto nell’oceano di nascite e morti, dove si cambiano corpi uno dopo l’altro. Si nasce e si muore ripetutamente non solo sulla Terra ma in tutto l’universo e in molte specie diverse.
Questa è la situazione di noi, esseri condizionati, che vaghiamo da una vita all’altra e da un pianeta all’altro per milioni e milioni di anni. Non ce ne preoccupiamo perché crediamo di essere coraggiosi, di non conoscere la paura, ma tale orgoglio è segno di stupidità.
Dice il proverbio: “Gli sciocchi corrono là dove gli angeli non osano camminare.” Per salvarci dalla situazione terribile in cui siamo caduti, dobbiamo prendere rifugio in Dio, la Persona Suprema. Questa è la conclusione di tutte le Scritture ed è la ragione per cui Krishna scende personalmente o invia i Suoi puri devoti, che lavorano giorno e notte alla diffusione del Movimento per la Coscienza di Krishna.
Prendere rifugio in Krishna – il maestro supremo
verso 42 mad-bhayad vati vato ‘yam, suryas tapati mad-bhayat
varsatindro dahaty agnir, mrtyus carati mad-bhayat
È per timore di Me e della Mia supremazia che il vento soffia, il sole splende, e lndra, il signore delle nuvole, fa cadere la pioggia. Solo per timore di Me il fuoco brucia e la morte si aggira riscuotendo il suo tributo.
Sri Krishna dice nella Bhagavad-gita che le leggi naturali sono perfette in quanto agiscono sotto la Sua direzione. Nessuno pensi che la natura opera in modo meccanico, senza chi ne regola il funzionamento. Le Scritture vediche affermano che le nuvole sono controllate da un essere celeste (deva) di nome lndra, che l’aria circola per ordine di Vayu, il calore è distribuito dal deva del sole, Surya, e la luce rinfrescante della luna da Chandra. Al di sopra di tutte queste importanti personalità si situa il più grande di tutti gli esseri, Dio, il Signore Supremo.
I deva sono anime individuali (Jivatma) come noi, ma grazie alla loro fedeltà devozionale hanno ottenuto incarichi importanti. Dirigenti come Chandra, Varuna e Vayu vengono definiti adhikari-devata e sono responsabili di alcuni settori universali. Il governo supremo non include solo uno, due o tre pianeti; esistono milioni di universi e ognuno di essi racchiude milioni di pianeti. Avendo un immenso territorio da governare, Il Signore delega molti compiti ai Suoi assistenti.
Nei Veda gli esseri celesti sono descritti come le diverse parti del Suo corpo, perciò i deva del sole, della luna, dell’aria e del fuoco agiscono sotto la Sua direzione. La Bhaga vad-gita (9.10) lo conferma: le leggi della natura operano sotto la supervisione del Supremo. È grazie a Lui che tutto si compie con precisione e regolarità.
Chi ha preso rifugio nel Signore è protetto da qualsiasi influenza, non ha più l’obbligo di servire altri ed è libero da ogni vincolo. Naturalmente, non si deve diventare irrispettosi e irresponsabili, ma concentrarsi sul servizio al Signore. Il Supremo nella persona di Kapiladeva non è affatto sentimentale quando rivela che sotto la Sua direzione il vento soffia, il fuoco brucia e il sole scalda.
Checché ne dicano gli impersonalisti, i seguaci del Bhagavatam non creano un Dio immaginario né Gli attribuiscono delle qualità fittizie. Nei Veda si legge: “È per timore del Supremo che i deva del vento e del sole operano. Anche Agni, lndra e Mrityu agiscono sotto la Sua direzione.”
Se gli esseri celesti sono soggetti alla paura, quanto più lo sono gli esseri ordinari? La vita materiale non dà felicità, perché è intrisa di paura. Nessuno può dire di non conoscere la paura; non esiste creatura che ne sia libera. Ciò è dovuto all’identificazione con la materia. Tutti pensano “sono questo corpo”, quindi temono la distruzione del loro involucro carnale. Quando si verifica un terremoto, la popolazione corre fuori casa urlando in preda al panico.
Terrorizzata, crede che la fine sia vicina. Questa è la natura materiale. Molti sono gli eventi che incutono paura, come cicloni, uragani, siccità, inondazioni, terremoti, maremoti, guerre e carestie, eppure l’uomo si crede felice su questo pianeta.
Gli odierni scienziati negano l’esistenza dei deva e di Dio, e affermano che tutti gli eventi sono opera della natura. Hanno ragione, ma la natura non è che materia, e la materia non può agire senza l’intervento di un essere pensante. L’idea che la materia agisca autonomamente è insostenibile. Tutti vediamo il mare solcato dalle onde. La sua acqua è di per sé materia inerte, ma il vento la solleva in flutti che vanno a infrangersi sulla riva. Gli scienziati ci dicono che la natura opera secondo certi meccanismi, ma il punto è capire che non lo fa in modo indipendente.
Poiché le Scritture autorevoli spiegano che la natura si muove per un volere superiore, non possiamo concludere che i suoi fenomeni sono automatici. Pur riconoscendo la meraviglia delle dinamiche naturali, la scienza non può controllarle o sfidarne la potenza; può solo accettare o rifiutare Krishna. Tutti sono subordinati alle forze della natura,e dato che questa opera sotto il controllo divino, tutti sono subordinati al Divino.
Il sole, il mare, la terra, lo spazio e ogni altra creazione materiale sono manifestazioni dell’energia esterna di Krishna. Niente esiste al difuori di Lui o della Sua energia.
Prendere rifugio in Krishna – il maestro supremo
La Brahma-samhita (5.44) dichiara che la natura materiale è abbastanza potente da creare, preservare e distruggere. Agisce però come un’ombra. Se mettiamo la mano davanti a una luce, possiamo vedere la sua ombra che si muove sul muro. Analogamente, la natura materiale si attiva grazie al contatto con l’anima spirituale. Una vettura non può guidare se stessa; occorre che al suo interno ci sia una persona, un essere vivente che ne gestisca le funzioni. Solo al tocco dell’anima spirituale la vettura si muove.
L’universo si attiva nello stesso modo, cioè grazie al tocco di Dio. Secondo i Veda, il vento soffia, l’acqua si muove, il sole brilla e la Terra gira sotto la direzione della Persona Suprema. Se coloro che amministrano i vari elementi materiali non operano adeguatamente, vengono puniti dal Proprietario di tutti gli elementi.
Durante la Sua permanenza sulla Terra, Krishna notò che lndra, il re dei cieli e della pioggia, si era inorgoglito. Suggerì quindi a Suo padre, Nanda Maharaj, d’interrompere il culto destinato a lui. “è meglio venerare la collina Govardhana,” disse, “perché da lei le mucche ricevono erba e cereali in abbondanza.”
All’inizio Nanda Maharaj non condivise l’idea, ma poi acconsentì per amore del figlio. Quando lndra vide che il culto stabilito per lui veniva offerto a Govardhana s’infuriò e inviò su Vrindavana grosse nuvole minacciose sommergendola con piogge torrenziali.
Knshna dimostrò allora che il potere di lndra non poteva competere neanche col dito più piccolo della Sua mano sinistra. Usò infatti il mignolo per sollevare la collina a modi ombrello, salvando così gli abitanti di Vrindavana dal diluvio scatenato da lndradeva. Quest’episodio è narrato nel decimo Canto dello Srimad-Bhagavatam.
Siamo quindi tutti servitori. Non possiamo pretendere di essere i padroni, ma se prendiamo rifugio in Krishna, non saremo tenuti a servire qualcun altro. Basta infatti dare acqua alla radice di un albero per nutrirne i rami, le foglie, i fiori e i frutti. Basta dare cibo allo stomaco per rifornire di energia gli occhi, le mani, le gambe e il resto del corpo. In altre parole, adorando Krishna, la sorgente di tutto, le Sue diverse parti, deva inclusi, saranno automaticamente soddisfatte.
Il compimento dei sacrifici vedici esige grandi ricchezze. Nelle ere passate il cibo veniva offerto a tonnellate nel fuoco sacrificale, ma oggi questo non è più possibile. Si raccomanda perciò il sankirtan-yajna, il canto del maha-mantra Hare Krishna.
Chiunque può cantare Hare Krishna, e anche se Chaitanya Mahaprabhu ha introdotto l’uso dei mridanga (tamburi) e dei kartal (cembali), non occorrono strumenti musicali. È sufficiente battere le mani. Tutti possono sedersi coi propri familiari, battere le mani e cantare Hare Krishna Hare Krishna, Krishna Krishna Hare Hare, Hare Rama Hare Rama, Rama Rama Hare Hare.
Il sacrificio del sankirtan è molto semplice. Di sera le persone vanno al ristorante o al cinema, e buttano via tempo e denaro nei club e nelle discoteche. Trascinate dalle onde della natura materiale, sono costrette a subire le sue leggi, senza rendersi conto che nascita, malattia, vecchiaia e morte sono mali terribili. Ora che abbiamo la forma umana non sprechiamo tempo prezioso, ma usiamolo per risolvere questi problemi.
Tutto sul nostro pianeta verrà distrutto. Oggi l’acqua copre tre quarti del globo terrestre, ma agli albori della creazione ne ricopriva l’intera superficie. Col progressivo ritiro delle acque è emersa sempre più terra, quindi abbiamo definito i continenti – Africa, America, Asia, Europa e Oceania.
Prima o poi non ci sarà più acqua e la distruzione sarà definitiva, perché il calore si farà insostenibile e il pianeta diventerà un deserto. Allora tornerà la pioggia, tutto avrà un nuovo inizio, e alla fine tutto sarà ancora una volta inesorabilmente distrutto. Ogni cosa è prima creata e poi dissolta in un ciclo perenne. Anche il nostro corpo nasce, si sviluppa e poi finisce per sempre. t paragonabile a una bolla di sapone, resta per un po’, quindi scoppia e svanisce.
Non facciamo che rivestirci di una bolla di sapone dopo l’altra, cioè di un corpo dopo l’altro, ed essendo poco intelligenti, crediamo di poter gioire in questa condizione.
Quando scende tra noi, anche Krishna assume una forma umana, ed è per questo motivo che nella nostra stupidità Lo consideriamo una persona qualsiasi. Se invece ci abbandonassimo a Lui, non saremmo più soggetti al karma e ai vari cambiamenti di corpo. Se poi, nel tentativo di percorrere la via del servizio devozionale, a un certo punto ci allontanassimo, non perderemmo nulla, tutt’altro, perché la nostra vita successiva sarebbe certamente in un corpo umano. è dunque per il nostro bene che dobbiamo accettare Krishna.